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Elezioni / Una prova generale per distruggere la sinistra italiana

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di Umberto Cecchi

Un amico renziano, ma di destra fin nella camicia, che è nera, mette le mani avanti: Ora, mi dice, non scrivere che questi risultati raccontano la crisi del Pd di Renzi. Lui l’aveva detto che non avrebbero rispecchiato un test su di lui. Lo aveva detto chiaro. Lui punta al referendum. E’ li che si misurerà o meno la sua tenuta.

Vero, Renzi aveva fiutato l’andazzo, aveva sentito la sempre più crescente presa di distanza della politica e la crisi interna del PD, e all’ultimo, ma proprio all’ultimo, aveva spiegato che quel voto non riguardava la sua funzione politica.

Bene, diamola per buona questa sua riflessione. Ma dobbiamo però spiegare, allora, cosa riguardava. E’ vero che un comune è il suo sindaco, e la sua giunta, ma è anche vero che sindaci e giunta ormai non hanno più la stima di una volta, anche perché in genere non sanno più governare le città come una volta. Tutta colpa loro? No, certo, ma gran colpa ce l’hanno i partiti, incapaci di formare gli uomini e i politici, pronti solo a raffazzonare chi capita e candidarlo, anche se di politica o di città ne sanno poco e nulla. Non si tratta più solo di buche delle strade da rattoppare: si tratta di rattoppare le coglionate regionali e nazionali, tipo quelle sulla sanità: di regolare l’immigrazione, di sistemare gli immigrati disoccupati e nel contempo di sistemare anche i nostri cittadini disoccupati, di ridar fiato all’economia, e non assoggettarsi alle scelte tedesche o francesi, di aggiustare il tiro su tasse e capestri vari, ormai insopportabili. O pago le tasse o do da mangiare alla mia famiglia, mi diceva alcuni giorni fa un uomo che conosco da anni, onesto piccolo artigiano che è costretto a chiuder bottega.

Al fisco – e qui sta la demenzialità di tempi – non importa se lui chiude, basta che paghi prima l’ultima rata. E alle rate che avrebbe riscosso nei prossimi anni se non avesse chiuso, il fisco volpino non pensa? Non pensa che chiusura dopo chiusura si chiudono anche le entrate esose e impudicamente estorte?  Ho amici imprenditori che  hanno sempre pagato abbondantemente meno tasse di me. Perché con me è facile, con loro si deve lavorare.

Insomma è la politica che ci ha portato a questa anarchia della regole e questa politica un po’ cialtrona ora arriva a pesare anche sui sindaci.

No, certo, non è un test su Renzi questa tornata elettorale: è un test sul paese. Oggi la parola è populismo, e non solo da noi. Populismo? Certo che sì. Populismo viene da popolo, e noi siamo un popolo spogliato di tutto che in parte si ribella – ma badate solo in parte, ci vorrebbe una ribellione ben più ampia per tornare a sentirsi vivi e partecipi delle cose del Paese – rifiutando di lasciarsi mettere in mutande. Rifiutando di smettere di pensare come vorrebbe  il governo che rivede la costituzione a suo pro, e no a pro della modernità.

Ho abolito il senato, ha strombazzato Renzi. Non è vero, lo ha storpiato, lasciandolo vivo, mentre per cambiare davvero avrebbe dovuto fare come ormai in quasi tutto il mondo: abolirlo. Cancellarlo dalla Carta e dal Paese.

Certo Populismo. E’ così drammatico pensare al popolo che vuol dire la sua e che la dice con aggressiva semplicità, a differenza di alcuni eletti che la dicono con semplicità, perché meglio non sanno, ma la farciscono di arroganza. Verrà il tempo dei Cinque Stelle? Non lo so, ma certo deve venire il momento di cambiare. Se fossi in Renzi non sarei sereno, tuttavia ha ancora tempo per cambiar rotta, promettere quel che può mantenere, non cambiare le carte in tavola, smetterla di pesnare che governa un paese di minus habens.

Queste votazioni, infatti, un pregio potrebbero averlo: far capire ai nostri parapolitici che le avventure non sempre pagano e che noi italiani siamo ondivaghi. Guardiamo, per esempio, i risultati di Sesto, comune esempio nella cintura fiorentina: il renzismo che qui dovrebbe essere di casa è stato sconfitto, almeno in questa prima fase elettorale. E non dalla destra, ma dalla sinistra. E se questo risultato verrà convalidato dal secondo turno, sapete cosa significa? Che l’accordo sull’aeroporto di Peretola cade, e che su l’inceneritore  tutto sarebbe da rifare. Non è poco per un comune dato per renziano al mille per mille. Come lo sono tutti i comuni della fascia fiorentina dove tutti si sono levati il cappello e piegato i ginocchi, come i ranocchi del Giusti di fronte a Re Travicello.

No, forse no, queste elezioni non rispecchiano un test su Renzi, come dice lui ringambando su una serie di dichiarazioni. Ma indicano una cosa: che il Pd non rispecchia più il vecchio partito di sinistra, che è lacerato perché i duri e puri non se la sentono di avere fra loro un Verdini che è la più incisiva e anche per loro invisa espressione di una destra trasformista e personalistica, e che sono stufi d’essere considerati oggetti, non soggetti della politica.  Ora purtroppo saranno guai per tutti: avremo telegiornali di stato e giornali adoranti, stracolmi di renzianesimo, di  inni al SI, di elogi al ciompo che volle farsi re. E può darsi che ci riesca: lui fida nel referendum, e se lo perderà dirà che quello non era un test sul suo operato. E ci crederà. Nel frattempo sarà felice di aver distrutto la sinistra italiana.

 

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