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Morto Mario Spezi giornalista che ha seguito le vicende del Mostro di Firenze

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E’ morto a 71 anni il giornalista Mario Spezi, che ha legato la sua carriera professionale all’inchiesta sul ‘mostro’ di Firenze, gli otto duplici omicidi avvenuti nelle campagne del capoluogo toscano tra il 1968 e il 1985. Da storico cronista delle indagini sul maniaco delle coppiette, al quale ha dedicato più libri, Spezi si ritrovò anche arrestato, per calunnia e tentato depistaggio, per un’inchiesta collegata ai delitti del ‘mostro’. Era il 7 aprile 2006: rimase in carcere 23 giorni, e fu poi rimesso in libertà per insussistenza degli indizi. A quell’esperienza, da cui fu completamente scagionato, dedicò un libro, ‘Inviato in galera.
Un giornalista in manette, l’aprile nero della liberta’ di stampa’.
Nato a Sant’Angelo in Vado, Spezi ha svolto la sua carriera a Firenze, in particolare alla Nazione come cronista di nera e giudiziaria e occupandosi anche delle pagine culturali. Tra i suo libri sul mostro ‘Dolci colline di sangue’, scritto con Douglas Preston. E’ stato anche un apprezzato vignettista.

Spezi fu soprannominato ‘Il mostrologo’ proprio per la sua grande competenza sui fatti relativi al mostro di Firenze. Entrò nella vicenda per caso, nel giugno 1981, quando vi fu il duplice omicidio sulle colline di Scandicci e dovette sostituire un collega. Fu l’inizio di tutto. Lo stesso Spezi fece uno dei collegamenti chiave della vicenda: fu tra i primi a capire che il duplice omicidio  di Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio era da ricollegarsi ad altri delitti avvenuti anni prima. Successivamente, la perizia balistica confermò che i bossoli ritrovati erano gli stessi di altri omicidi. La pistola da cui provenivano era una Beretta calibro 22. Fu lì che si capì di avere a che fare con un serial killer.

 Sulla vicenda del mostro di Firenze, Spezi ha scritto un libro in collaborazione con lo scrittore Douglas Preston: ‘Dolci colline di sangue’. La sua teoria, però, era fortemente diversa da quella scritta dalla magistratura. Per lui, infatti, il killer era una sola persona. Nulla a che vedere, quindi, con i ‘compagni di merende’. Il ‘mostro’ gli costò anche la galera: 23 giorni dentro su mandato della procura di Perugia. Le accuse erano plurime: depistaggio, calunnia, concorso nell’omicidio di Francesco Narducci (indicato da alcune tesi come il vero mostro) e turbativa di servizio pubblico, per l’indagine privata sui delitti del mostro. Venne scagionato totalmente dalla Cassazione. Sulla vicenda, in carcere scrisse anche un libro: ‘Inviato in galera. Un giornalista in manette, l’aprile nero della libertà di stampa’. Con Mario Spezi se ne va un giornalista d’altri tempi, capace di raccontare e analizzare i fatti, scavando lì dove altri hanno paura di guardare.

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