Il tema della razionalizzazione e ottimizzazione delle risorse del SSN ed in particolare dell’accesso alle cure specie di Pronto Soccorso, occupa uno spazio rilevante nella discussione tra gli attori della sanità. Da un lato esiste la necessità di razionalizzare le esigue risorse esistenti, dall’altro la costante crescita della richiesta di salute. L’ottimizzazione delle risorse stesse, sia professionali che economiche diventa indispensabile oltre che strategica. Un concetto ancor più cruciale quando si parla di Emergenza, dove la rapidità e la correttezza della diagnosi influenzano in maniera decisiva la scelta terapeutica e quindi la probabilità di sopravvivenza del paziente. Un argomento su cui è da tempo al lavoro la Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM), particolarmente impegnata nel suggerire una proposta di dislocazione dei presidi che tenga conto dei tempi di percorrenza di tutti i cittadini residente nella regione, in modo che possano raggiungere entro 1 ora, la cosiddetta “Golden Hour”, dall’evento acuto un presidio ospedaliero, dotato di attrezzature adeguate e personale sempre presente h24- 365gg, dove possa essere trattato con tempestività e compiutamente. Dopo un’ora infatti la metà dei pazienti non è più salvabile. Tale modello è in via di elaborazione per alcune regioni d’Italia, prime fra tutte la Toscana e Sicilia.
Secondo il Prof. Roberto Grassi, ordinario dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli “Persistono i pronto soccorso nei piccoli ospedali che non possono, per loro natura, garantire tutte le assistenze specialistiche e molto spesso costringono i pazienti a successivi trasferimenti in ospedali più attrezzati”. “È necessario intervenire” – continua – “Il paziente in emergenza non deve essere trasportato al più vicino Pronto Soccorso, dove non sono sempre garantite né attrezzature né professionalità sufficienti, ma nell’ospedale che realmente possa offrire tutte le cure necessarie. E quest’ultimo deve essere raggiungibile entro un’ora, in modo che qualsiasi tipo di urgenza/emergenza, ictus, cardiaca, trauma addominale, riceva assistenza adeguata e certezza della presa in carico. In Toscana, ad esempio, 5 presidi sono sufficienti a garantire alla popolazione una vera rete per l’emergenza. I piccoli ospedali devono essere assegnati a funzioni diversa dalla emergenza. È questo il modello che la Toscana, fra le prime regioni a farsene carico, ha disposto con proprie deliberazioni, per conseguire un solo obiettivo: garantire per le emergenze la migliore assistenza possibile per ogni tipo necessità”. Bando ai lacciuoli elettorali e si vada diritto verso una vera riorganizzazione che tuteli i pazienti e non i voti dei politici locali”.
“È solo quando si riducono al minimo ‘i tempi morti’, evitando la perdita di minuti preziosi e conducendo il paziente negli ospedali che realmente hanno le competenze mediche specialistiche e tecnologiche adeguate, che possono evitarsi conseguenze negative per la sopravvivenza del paziente – sottolinea il dott. Mariano Scaglione Direttore Dipartimento di Radiologia, Ospedale Pineta Grande di Castel Volturno. “L’auspicio – aggiunge – è che per ogni Regione d’Italia possano essere individuati gli Ospedali realmente dedicati all’emergenza e si individuino gli assi viari maggiori secondo i quali possano essere calcolati i tempi necessari ad ogni paziente per potere raggiungere il centro più idoneo alle cure”.
Il dott. Vittorio Miele Direttore SODc Radiodiagnostica di Emergenza Urgenza AOU Careggi di Firenze afferma: “Garantire a tutti i pazienti, tenendo conto delle differenze del territorio e delle possibilità delle strutture sanitarie presenti, lo stesso livello di assistenza nello stesso tempo, è il punto di partenza. Per il Servizio Sanitario pubblico è una sfida impegnativa – aggiunge – ma è l’unico modo possibile per garantire a tutti i cittadini la stessa qualità di servizio, allo stesso tempo senza caricare la collettività di costi impropri, dovuti alla ridondanza di strutture di emergenza. La centralizzazione rapida, organizzata, tracciabile, del paziente in emergenza è oggi un obiettivo imprescindibile, è l’unico modo per garantire ai pazienti, da un lato, un’assistenza omogenea, pur nella diversità delle organizzazioni sanitarie, dall’altro dei tempi rapidi e dei trasferimenti ‘logici’, lasciando poco spazio a soluzioni estemporanee”.
A confermare le problematiche dovute alla persistenza di attività di pronto soccorso nei piccoli ospedali periferici è il dott. Carmelo Privitera, presidente della Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM) e Direttore Unità Operativa Complessa di Radiologia Ospedale Vittorio Emanuele di Catania. “Nei piccoli Ospedali l’assenza degli specialisti di supporto come radiologi interventisti, chirurghi vascolari, neurochirurghi e tanti altri, genera un disagio grande” – spiega, e aggiunge che per tamponare subito una situazione già molto difficile ” è necessario riorganizzare tempestivamente la rete dell’emergenza sul territorio”. La SIRM si è fatta carico di elaborare delle mappe “isocrone” per ogni regione, nelle quali sono individuati i presidi funzionalmente adatti alla rete dell’emergenza e le aree servite. Il colore rosso individua i quartieri o i comuni che lo raggiungono entro 15 minuti, il rosa entro mezz’ora ed il rosso entro un’ora. La nostra proposta vuole suggerire un metodo per individuare in modo oggettivo dove è auspicabile allocare le unità di radiologia interventistica, sempre aperte, con personale in guardia attiva e con attrezzature adeguate al numero di accessi, per trattare tempestivamente ed indifferentemente tutte le urgenze neuro, cardio od addominali.
“Si sta passando dall’esigenza dell’ospedale sotto casa – magari modesto e perciò incapace di garantire una risposta adeguata – all’ospedale sicuro, cioè che possa non solo diagnosticare, ma anche curare in tempi brevi, riducendo i rischi per il paziente, ottimizzando tempi di intervento e risorse necessarie – afferma il dott. Bruno Accarino vice presidente Società Italiana di Radiologia Medica. “Per tale motivo – aggiunge – i primi vanno riconvertiti in altre funzioni, delegando gli altri compiti a favore di strutture complesse, ma dislocate con criteri razionali come l’accessibilità, i tempi di percorrenza, le dotazioni professionali, strutturali e strumentali, tali da consentire l’accesso sia alla diagnosi che alla cura adeguata in tempi considerevolmente brevi”. “Caso emblematico – continua – è quello della rete dello stroke, che va inteso non solo come emergenza neurologica ma di tutto il corpo, anche cardiaca: in tal senso è indispensabile prevedere l’allocazione dei reparti di radiologia interventistica – non solo vascolare – in aree ben definite e raggiungibili entro la “golden hour” riconosciuta come limite temporale per accedere alla terapia efficace ed ovviamente in strutture dotate di tutti i reparti idonei come la cardiochirurgia, neurochirurgia, chirurgia vascolare, radiologia interventistica”.
“Non vi è alcun dubbio – afferma il dott. Marco Bartolini SOD Radiodiagnostica AOU Careggi Firenze – che solo realtà ospedaliere complesse con la disponibilità di tutte le specialistiche necessarie possano offrire in tempi adeguati le complesse risposte diagnostiche e terapeutiche indispensabili in situazioni di emergenza. Nel modello “HUB and SPOKE” la centralizzazione quanto più rapida possibile del paziente in urgenza/emergenza direttamente verso le strutture HUB rappresenta pertanto uno dei cardini dell’attività delle reti dell’emergenza e la loro distribuzione territoriale rappresenta una delle priorità dell’organizzazione sanitaria su scala regionale e nazionale, con la duplice finalità di garantire ai pazienti critici il massimo delle risorse diagnostico-terapeutiche esistenti e al tempo stesso di ottimizzare l’utilizzo delle risorse economiche disponibili”.