Una panoramica sull’esercizio della libera professione infermieristica nelle sue diverse forme. Sarà il tema dell’intervento del Dottor Mario Schiavon, presidente dell’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica (ENPAPI) e infermiere docente libero professionista che il prossimo 29 settembre interverrà al Forum della Leopolda di Firenze.
«Come presidente di Enpapi – spiega Schiavon – posso dire che l’obbiettivo dell’ente è dare supporto ai liberi professionisti, pensando soprattutto ai più giovani che sono i più numerosi e percepiscono maggiormente la difficoltà di questo periodo». Oggi infatti, l’infermiere che si laurea deve quasi sempre aprire la partita Iva ed entrare nel mondo della libera professione. Un mondo che il presidente dell’ente descrive come non facile, dove molto spesso il lavoro autonomo è una sorta di camuffamento di quello dipendente. L’Enpapi si occupa della raccolta dei contributi per assicurare le pensioni domani e allo stesso tempo del contributo integrativo a favore degli iscritti per erogare interventi di tipo assistenziale.
Stante il lavoro dell’Enpapi, quello che emerge è che la politica dovrebbe porre più attenzione alla libera professione di cui quella infermieristica è una forma nuova, non esente da problematiche. Ad oggi sono 70.000 gli iscritti alla cassa, 40.000 dei quali attivi ma che, per Schiavon, potrebbero essere molti di più. Secondo uno studio commissionato al Censis, le famiglie italiane spendono 6 miliardi e 200 milioni all’anno in prestazioni infermieristiche. Una cifra che non si ritrova nelle dichiarazioni: «c’è un sommerso significativo, lavoro svolto da infermieri o peggio ancora attraverso forme abusive di servizio. Ci sono partite Iva con compensi irrisori e un nero significativo che mette a rischio la sicurezza del cittadino».
La forza della libera professione è l’autonomia. «Lavorare in autonomia consente alla professione di esprimersi in modo ancora più significativo e instaurare un rapporto più stretto con il cittadino che incrementa la soddisfazione nel fare il proprio lavoro». Quello che molte volte manca invece, secondo Schiavon, è la consapevolezza: i giovani sono spesso poco informati e formati su cosa significa portare avanti la libera professione. «Molto spesso non sono preparati su come dev’essere costruito un compenso, sulla necessità di dare un valore al tempo, alle energie intellettuali e professionali, calcolare costi, previdenza, aggiornamento e formazione, tutte variabili che devono essere considerate per quantificare una prestazione». Per questo la cassa ha lavorato molto sul tema dell’equo compenso. «Quello che ha messo in crisi il sistema – spiega Schiavon – è stata la cancellazione delle tariffe che ha portato all’inserimento di intermediari e a farne le spese sono stati i giovani. Quindi ritengo che sotto il profilo legislativo l’equo compenso vada portato a casa». Allo stesso tempo, il miglioramento della situazione passa dal rendere più chiara la partecipazione alle gare d’appalto, «dalle quali spesso gli studi professionali associati vengono esclusi a favore di cooperative che non hanno eguali competenze per offrire un servizio sicuro e di qualità». E poi trovare un equilibrio con il Servizio Sanitario Nazionale che non riesce a soddisfare appieno le esigenze dei cittadini: «in questo contesto la libera professione può essere di supporto al pubblico, basterebbe mettere a punto una sinergia efficace».
«In questi anni – conclude Schiavon – stiamo mettendo la cassa nelle condizioni di offrire servizi a supporto della libera professione infermieristica, avendone ben presente lo stato dell’arte che in questo momento vede le nuove generazioni più in difficoltà». Proprio quest’anno è stata inserita tra le prestazioni assistenziali per i giovani una borsa lavoro di 2mila euro utile ad avviare l’attività professionale. «Questo per dimostrare che siamo pronti a supportare la libera professione infermieristica non solo in termini previdenziali e assistenziali ma anche sul mondo del lavoro».