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Il cittadino paga la Rai come servizio pubblico ma con il nuovo contratto assunzioni solo per eredità di famiglia

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Un articolo de Il Post, datato 13 marzo 2018,  viene confermata da parte dell’Unione Sindacale Giornalisti RAI la notizia pubblicata il giorno precedente sul sito de La Repubblica da Aldo Fontanarosa, il quale scrive così:

Muore un dipendente della Rai, un operaio, un impiegato, un quadro. La televisione di Stato – in situazioni particolari adeguatamente certificate – si impegna ad assumere il coniuge della persona deceduta, oppure il figlio maggiorenneLo prevede il nuovo contratto di lavoro di queste categorie (operai, impiegati, quadri) che è stato firmato dai sindacati il 28 febbraio, e approvato dai dipendenti di Viale Mazzini con una maggioranza del 58 per cento al referendum dell’8 e 9 marzo. L’assunzione avverrà “compatibilmente con le esigenze aziendali e in armonia con il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione“.

Il nuovo contratto collettivo di lavoro (durata quattro anni) è già stato sottoscritto da sindacati e azienda il 28 febbraioscorso e attende la firma ufficiale che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni.

Ditemi che si tratta di uno scherzo perché non credo di essere l’unico a trovare surreale un’ipotesi del genere. Un ente pubblico che verrebbe lasciato in eredità a coloro che vi hanno lavorato fino a quel momento, come fosse un bene patrimoniale. E tutto ciò a tre condizioni:

1) che vengano presentate adeguate certificazioni che dimostrino la sussistenza di particolari situazioni. 2) che tali situazioni particolari siano compatibili con le esigenze aziendali. 3) che vengano rispettate le regole previste dal Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione.

Innanzitutto, si parla di “situazioni particolari” che, dunque, dovrebbero rappresentare un’eccezione alla regola. Ma cosa significa questo? Che si aprirebbero due procedure di ammissione all’interno dello stesso ente, una di carattere concorsuale ed una di carattere successorio? Immagino la situazione che si verrebbe a creare tra dipendenti vincitori di un concorso pubblico e dipendenti subentrati in via ereditaria, se ci dovesse essere qualche divergenza. A questo punto TUTTI i lavoratori (dipendenti e non) dovrebbero essere scelti in via successoria e SENZA CONDIZIONI di alcun genere (così come, d’altronde, il de cuius è libero di scegliere a chi affidare i propri beni, nei limiti ovviamente della successione legittima). 

In secondo luogo, le regole del concorso pubblico che fino a quest’anno erano in vigore, avrebbero dato la quasi assoluta garanzia di efficacia e buon funzionamento dell’enteUna garanzia che il nuovo contratto collettivo non offre per nulla, visto e considerato che il coniuge o i figli di ciascun lavoratore non è detto che nutrano lo stesso interesse del “de cuius” (ammesso che così si possa definire) allo svolgimento della funzione. 

Le capacità e il talento non si trasmettono di sicuro per via ereditaria, bensì laddove c’è un incontro tra la domanda ed un’offerta che si dimostri all’altezza del compito e, magari, di dare un plus ultra alla squadra. Ma più è ampio il margine di scelta e maggiore sarà la probabilità di trovare le risorse giuste.

Ma anche qualora la successione per via ereditaria dovesse riguardare esclusivamente il mondo dirigenziale, di vertice, e non anche quello dei dipendenti si rischierebbe di creare una netta cesura tra due poli che in realtà sono interdipendenti, a maggior ragione in un settore come quello delle telecomunicazioni.

Si parla, poi, di rispetto del PTPC, ma non mi pare che una soluzione del genere sia in grado di migliorare la trasparenza amministrativa, visto che per alcuni lavoratori verrebbero saltate tutte quelle fasi intermedie necessarie per dimostrare la propria idoneità all’incarico.

In definitiva, trovo una certa contraddittorietà tra il concetto di “ereditarietà del posto di lavoro” presso l’ente pubblico RAI e il rispetto delle tre clausole sopra citate, inserite nel nuovo contratto collettivo. Ragion per cui invito il direttore generale Mario Orfeo a riconsiderare seriamente il suo accordo coi dipendenti RAI e a fermare “la macchina” prima che cada nel burrone.

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