di Umberto Cecchi
Non è certo una faccia nuova della sinistra italiana, ma sicuramente è una faccia rassicurante: niente risse interne, lavorare per riunire non per dividere, evitare sciabolate e sfide, inseguire avventure destinate a naufragare, come il referendum di Renzi. Insomma Zingaretti è una novità netta rispetto al recente passato e un impegno per una ripresa della ragione per il presente e per il futuro. Un nuovo partito, più contemporaneo e più vicino ai meno abbienti, contrariamente a quanto è stato fatto dalla politica di sinistra portata avanti in questi ultimi anni, dove si sentiva spesso un richiamo rivolto al segretario: ‘ dicci qualcosa di sinistra’. Zingaretti dirà, si spera, qualcosa di nuovo, facendo attenzione a non buttare via tutto il patrimonio del vecchio.
E’ stata una sollevazione di scudi, una stragrande percentuale di votanti lo ha eletto. E lui già a Torino cercando di recuperare la TAV che lascerebbe l’italia senza un collegamento importante con l’Europa. Oggi per andare a Lione, si prende il treno a Roma, si sbarca dal treno a Torino e si sale armi e bagagli su un bus che ci scavalla in Francia. Ma lasciamo da parte queste geremadi, e cerchiamo invece di capire cosa accadrà ora in questa Firenze ex renziana e ora ampiamente neo Zingarettiana.
Il e è morto, viva il re? Se ben conosco la città le prime pedine già si stanno muovendo sulla scacchiera, molte stanno avanzando e altre arretrando. Renzi ha ricevuto un no netto anche nel suo Rignano dove è stato un plebiscito non per il suo candidato ma per Zingaretti, così com’è accaduto a Firenze e nei comuni limitrofi. L’era renziana è finita lasciandosi dietro tanti privilegiati, sistemati qua e là, ma anche tanti delusi, a suo tempo cacciati.
Primo privilegiato, il sindaco Nardella. Insomma, privilegiato non proprio, dal momento che il primo cittadino, proprio perché voluto dal segretario del partito, è stato costretto a mettere insieme una giunta così renziana, che se non fossimo alla scadenza elettorale andrebbe rimpastata. Al 70%. Per dimostrare che il sindaco è libero di imporre le sue scelte, cosa che fino ad ora non ha potuto fare. Lo farà da ora in poi? Derenzianerà la sua lista di prescelti alla futura giunta, dicendo come il poeta, ‘libertà vo cercando chè si cara’, prendendo atto che il renzismo, così com’è apparso fino a ora, è finito? Certo, magari fra qualche anno tornerà anche, ma per adesso è finito. Renzi aveva ecceduto nel distribuire posti ad amici vicini e lontani, ed è questo, un dei tanti motivi per cui ha dovuto mettersi da parte . Forse ha ascoltato troppo la sirena Verdini che con le sue trame stava tessendo la disastrosa l’operazione di un panachage fra Forza Italia e PD. Disastrosa e degna di meditazione per gli aspiranti rottamatori: così facendo sia pure solo nelle intenzioni, ha indebolito inesorabilmente due grandi partiti. Il Pd e FI. Quando si chiedono voti contro uno schieramento con il quale poi si medita una’ alleanza non si fa politica si gioca a monopoli.
Ecco: Firenze non è il monopoli, è una delle poche vere città del mondo. Nardella ne ha fatto il sindaco sub condicione, d’ ora in poi potrà farlo in piena libertà. Avrà davvero qualcosa di nuovo da dire. Avrà la forza di cambiare nome e obiettivi? Di chiedere ai fiorentini cosa vogliono davvero? In democrazia tutto questo dovrebbe essere ancora possibile , ma quanto reggerà ancora la democrazia, prima di involvere nel populismo? E questa ultima riflessione è dedicata alle attuali opposizioni, che a tratti sembrano vagare nel buio a pochi mesi dalle amministrative.