“Questa crisi, per tanti aspetti drammatica, deve essere vissuta come un’occasione di rilancio per il nostro Paese. Dovremo pero’ immaginare una nuova visione del mondo e del futuro a cui aspirare o, come diceva Montale, ‘del futuro che non vogliamo piu”. Tale visione non potra’ essere deterministica ma necessitera’ di continui aggiustamenti tattici alla luce delle sempre piu’ rapide modifiche del quadro di riferimento geopolitico, economico e sociale”. Lo scrive Luigi De Vecchi, chairman Emea Banking, Capital Markets & Advisory di Citi, in un articolo sul Foglio.
“Dovremo ridare slancio al Paese anche per evitare che cinghie di trasmissione piu’ volte sperimentate nella storia dell’umanita’, trasformino la crisi economica in un’onda lunga di risentimento delle fasce piu’ svantaggiate con potenziali conseguenze nefaste sulla tenuta sociale e politica”, aggiunge.
De Vecchi, dopo aver analizzato gli squilibri che saranno provocati da questa crisi (dell’economia reale, dell’indebitamento, nei mercati finanziari, nel mercato
dell’energia e per l’occupazione), si chiede come possa l’Italia cogliere questa occasione per reinventare il suo modello di sviluppo. Ecco quindi che “serve una visione del futuro a cui aspirare per poter trovare lo slancio per ripartire. Due su cinque degli squilibri sopra menzionati hanno effetti positivi per il nostro Paese (il calo del prezzo dell’energia e i tassi di interesse bassi) e uno vede il nostro Paese in una posizione favorevole in termini relativi (l’Italia e’ ‘solo’ al 311 per cento nel rapporto debito totale su PIL contro una media UE di 389 per cento)”.
Serve pero’ “un cambio di marcia che sviluppi una visione di lungo periodo che abbandoni un approccio determinisitico alla realta’ da secolo scorso”.
Di fronte a “un ritorno del regionalismo se non addirittura del nazionalismo” “l’Italia deve porsi come obiettivo di rilanciare il dialogo tra blocchi cosi come di tornare a risolvere le tensioni nelle adeguate sedi delle organizzazioni internazionali”, sottolinea De Vecchi. Quindi “rimanere ancorati all’Europa sia diventata un’esigenza esistenziale per il nostro Paese. Dobbiamo pero’ adoperarci per un’evoluzione dell’Europa da soggetto economico a soggetto politico capace di indicare al mondo un modello di crescita e dei sistemi valoriali basati su una cultura umanistica e sulle proprie radici religiose”.
Poi vanno “fortemente incentivate” le politiche di investimenti “e indirizzate sulle filiere della tecnologia e della sostenibilita'”, anche accelerando “verso l’obiettivo di un paese a emissioni zero per diventare un esempio di sostenibilita’ per il mondo”.
“Questi investimenti avranno funzione tanto difensiva (per arginare eventi straordinari legati al cambiamento climatico) quanto offensiva, per migliorarne la competitivita’ – prosegue il manager -. Con le scuole chiuse fino a settembre, si potrebbe lanciare un grande progetto per l’ ammodernamento degli spazi. Infine, dovremo reinvestire nel settore della sanita’ (anche facendo uso del Mes?) per permettere all’Italia di mantenere il suo primato di paese in cui si vive meglio e piu’ a lungo”.
De Vecchi propone poi il “reshoring” di imprese, capitale umano e finanziario, incentivando il “ritorno a casa dei nostri connazionali che vivono all’estero. Creiamo una banca dati e un ufficio di collocamento centralizzato che permetta a chiunque di avere chiara visibilita’ delle opportunita’ nel pubblico e nel privato”.
Inoltre sara’ necessario rilanciare un nuovo patto pubblico- privato, con “un modello di cooperazione virtuoso”. “Recenti esempi come la creazione di Salini Impregilo con la partecipazione di Cdp, potrebbero indicarci la strada – sottolinea De Vecchi -. Il pubblico puo’ fornire al privato capitali ma soprattutto un appoggio nei mercati esteri. E’ il momento di creare i presupposti per una nuova enfasi data al ‘Sistema Paese’ di cui i nostri imprenditori sentono da sempre un disperato bisogno, specialmente all’estero”.
Servira’ anche una rinnovata attenzione al sociale. “In questa crisi si calcola che piu’ di dodici milioni italiani, tra cui piu’ di 2.5 milioni di minorenni, finiranno sotto la soglia della poverta’ – spiega De Vecchi -. La piu’ grande di tutte le sfide sara’ trovare il modo di arginare il malessere sociale che ne conseguira’. In assenza di adeguate politiche di redistribuzione, dobbiamo trovare il modo di tenere questa larga fetta della popolazione coinvolta in un progetto di rilancio comune”.