Si sono stretti la mano per poi affrontarsi a colpi di fioretto, il sindaco-rottamatore Matteo Renzi e il ministro dei beni culturali Lorenzo Ornaghi. ”Il Mibac e’ un luogo dove si usa un linguaggio da Ottocento”, ha tuonato Renzi, stamane a Florens, la Biennale della Cultura, prima di lasciare la sala senza ascoltare la replica del ministro. ”Il signor sindaco e’ assente, se fosse stato presente lo avrei innanzitutto intrattenuto su una questione filologica” ha chiosato poco dopo il ministro aggiungendo che ”le lamentazioni in se’ non bastano”. L’attacco di Renzi aveva avuto un prodromo in prima mattinata su Twitter dove il sindaco era andato giu’ duro con il dicastero del Collegio romano: ”Il ministero dei beni culturali non funziona – aveva scritto – è vittima dei burocrati. Bisogna avere il coraggio di dirlo. E cambiare”. Tant’e’. Per una curiosa coincidenza, la tenzone ha avuto come teatro il Salone de’ Cinquecento, dove potrebbe celarsi, dietro un affresco del Vasari, la Battaglia di Anghiari di Leonardo. La ricerca era stata bloccata alcuni mesi fa ed e’ stata poi definitivamente interrotta, dopo i primi sondaggi, per l’assenza di autorizzazione da parte della soprintendenza. Anche allora si alzo’ forte la voce di Renzi contro Ornaghi: ”Se il ministro ha paura ad autorizzare cio’ che viene autorizzato costantemente in tutti i restauri del mondo, aspetteremo che cambi Governo”. Burocrazia nel Mibac e defiscalizzazione degli investimenti privati nei beni culturali, gli argomenti di oggi. Nel ministero voluto da Spadolini, ha detto il sindaco nel suo intervento, ”si e’ dato piu’ spazio alla burocrazia che all’innovazione”. Si e’ cosi’ instaurato, ha proseguito, un linguaggio fermo all’Ottocento, ”da Regno di Sardegna”, un linguaggio ”borbonico” dove si parla di ”Soprintendenza e Conservazione”. Per poi attaccare sul fronte fiscale: ”Tutti gli sconti e gli sgravi fiscali vengono dati a un sistema politico che riesce a perpetuare se stesso, ma non siamo in condizione di mettere in ordine l’ ‘abc’ delle questioni, a partire dal fatto che se un privato investe in cultura o tu garantisci un diverso regime fiscale oppure quel privato non interverra”’. La questione filologica che il ministro avrebbe spiegato al ”signor sindaco” era quella tra ”il soprintendente e il sovrintendente”. ”Ma certamente – ha detto Ornaghi dopo aver sottolineato l’assenza del primo cittadino e ospite del convegno – sulla scelta del termine funziona anche il gusto, il termine che comprensibilmente non piace al signor sindaco io lo trovo gradevole perche’ mi ricorda l’antica figura dell’intendente che fu grande servitore della monarchia amministrativa francese e fu il capostipite dei prefetti. Non vorrei che l’ondata di critiche alle soprintendenze travolgesse anche le prefetture. Il signor sindaco coglieva sicuramente un problema reale ma per il problema reale va cercata l’adeguata soluzione. Anche a mio parere non v’e’ dubbio che ci possa essere vecchiezza nei modelli di funzionamento organizzativo – ha proseguito Ornaghi -, magari avvertibile gia’ nello stile, che riguarda non solo il Mibac ma tutte le amministrazioni e anche le amministrazioni comunali. Ma anche in questo caso – ha concluso – le lamentazioni in se’ non bastano, perche’ se l’occhio intende volgersi al futuro, se da questa crisi dobbiamo uscire dobbiamo cercare le soluzioni piu’ appropriate”. Secondo il ministro, le soluzioni ”forse si intravedono gia’ a partire da quel conservare che non e’ certamente un atteggiamento rivolto al passato, si conserva perche’ si salva. Accanto al conservare va affiancato il promuovere”. Nel pomeriggio, Renzi ha rincarato la dose tornando sull’argomento con un post su facebook: ”Non avremo mai investimenti privati se non cambiamo il regime fiscale, sul modello di quello americano. Vogliamo cambiare o preferiamo continuare col modello del tremontismo?”