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Quota 100, Fornero: “Aveva costi insostenibili e ha fallito su occupazione”

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Serve “un compromesso per evitare un innalzamento troppo brusco dell’età pensionabile per alcuni lavoratori ma, nello stesso tempo, anche un messaggio molto chiaro verso il ritorno al percorso indicato dalla riforma del 2011”, lo afferma in una intervista a Repubblica Elsa Fornero, economista, ministra del Lavoro del governo Monti che proprio nel 2011 fu costretta a intervenire sulla previdenza in maniera drastica per riportare sotto controllo i conti pubblici. “Quota 100 – spiega – è stato un passo indietro, molto costoso, che ha dato benefici a pochi e che non ha affatto mantenuto la promessa di aumentare l’occupazione giovanile in sostituzione di quella più anziana. Il governo Draghi sapeva di dover tornare ad una situazione di maggiore sostenibilità della spesa pensionistica senza scaricare i costi sulle generazioni più giovani”.  

“Personalmente – rileva – avrei preferito utilizzare gli strumenti già esistenti per ammorbidire l’aumento dell’età pensionabile, penso, tra gli altri, all’Ape social e ad Opzione donna. Nella prima versione del Piano nazionale di ripresa e resilienza c’era esplicitamente scritto che gli strumenti si sarebbero trovati nel sistema pensionistico attuale. L’Ape social ha la caratteristica di distinguere tra tipologie di lavoratori e affidare l’intervento alla fiscalità generale, non ai contributi versati dal singolo lavoratore. È uno strumento che realizza quello che da tempo chiedono i sindacati: la separazione della spesa previdenziale da quella di natura strettamente assistenziale. L’anticipo pensionistico è infatti a carico della fiscalità generale”.  

Perché ha fallito Quota 100? “Ha fallito sul piano occupazionale – rimarca – . Il presidente Conte disse, all’epoca, che ci sarebbero state tre assunzioni per ogni uscita. È successo il contrario: un ingresso per ogni tre uscite. Ma il mercato del lavoro non funziona sostituendo un lavoratore con un altro. In una fase di recessione dell’economia è difficile creare nuova occupazione, ma in condizioni di normalità dobbiamo puntare ad un mercato del lavoro che alzi il tasso di occupazione”. Sulla proposta dei sindacati di poter lasciare il lavoro dopo 41 anni di versamenti contributivi indipendentemente dall’età oppure a partire da 62 anni di età con almeno 20 di contributi, Fornera afferma che “lasciare dopo 41 anni il lavoro vuol dire cancellare un decennio, riportare indietro le lancette dell’orologio. Non capisco perché una persona stimabile e ragionevole come Landini possa fare una proposta di questo tipo che non tiene conto delle variabili economiche e demografiche. Il Paese ha bisogno che si lavori di più, non di meno”.