I farmaci che arriveranno a breve e che affiancheranno i vaccini anti-Covid ci aiuteranno a convivere con il coronavirus, “ma quanto è ancora tutto da vedere. Intanto abbiamo imparato che non esistono medicinali senza effetti collaterali. Dei due nuovi che si avvicinano non conosciamo ancora l’impatto su tutti i pazienti, ma se li autorizzeranno saremo sicuri che il rapporto beneficio-rischio sarà favorevole. Poi non sappiamo quali controindicazioni avranno, cioè se chi ha certe patologie non potrà usarli. Poi non funzioneranno al 100%. Certo, un aspetto positivo si conosce già: si assumeranno per via orale e la distribuzione sarà più facile”. Così a Repubblica Guido Rasi, già direttore di Ema e oggi consulente del commissario per l’emergenza Francesco Figliuolo sui medicinali di Merck e Pfizer in arrivo dopo Natale.
“Si è messo in moto un meccanismo virtuoso – aggiunge Rasi riguardo la ricerca di nuovi farmaci anti Covid – che per quanto riguarda la ricerca degli anti virali si era fermato ai tempi dell’Hiv. Per tanti anni si è rimasti fermi, considerando le malattie virali non curabili o in grado di risolversi da sole. È stato un errore e questa pandemia ha certamente sbloccato la ricerca”. Ma critica gli annunci troppo facili dei quella parte dell’industria che “dà comunicazioni un po’ trionfalistiche e sempre più anticipate perché parla ai suoi investitori. Ecco, voglio rassicurare le persone sul fatto che l’Ema li ascolta, ma non si fa condizionare perché deve rispettare le sue procedure. Anzi ‘l’annuncite’ è controproducente perché fa irrigidire l’agenzia”.
Oltre ai nuovi farmaci che affiancheranno i vaccini, resta l’importanza degli anticorpi monoclonali, “fino ad ora un po’ sottoutilizzati. Uno dei problemi oggettivi con questi medicinali è la logistica, la difficoltà di organizzare la somministrazione in un momento come questo, nel quale il sistema è sotto pressione. Ci sono stati problemi con quelli di prima generazione, che non coprivano le varianti, ma anche problemi di diffusione e di organizzazione sul territorio. Il loro potenziale però è alto, sia per quanto riguarda quelli disponibili, che quelli che arriveranno tra un po’ e si somministreranno intramuscolo. Saranno un’arma molto importante, una parte dell’arsenale. Tuttavia, il vaccino rimane un cardine della strategia. Previene la malattia mentre i farmaci curano e tra l’altro non sempre. E poi stiamo imparando che il Covid lascia danni importanti, la cui durata non è nota. Arrivano dati sempre più preoccupanti, la maggior parte dei pazienti ricoverati ha avuto il coinvolgimento di almeno un organo maggiore oltre ai polmoni, cioè cuore, fegato, reni, cervello. È il cosiddetto ‘Long Covid’. Non sappiamo ancora se le medicine sono in grado di contrastarlo. E poi nulla impedisce che chi è guarito grazie al farmaco non possa riammalarsi. Vaccino e medicinali sono due strumenti da utilizzare insieme, come ci hanno insegnato decenni di esperienza su altre patologie”.
Secondo il consulente di Figliuolo, insomma, vanno tenute in piedi anche le varie misure: “In Italia però siamo a un punto critico. Potremmo essere infatti uno dei primi Paesi che va verso l’endemizzazione. La popolazione italiana ha un alto livello di vaccinazione e con la terza dose si dovrebbe consolidare questa protezione. Grazie alla combinazione tra richiamo e nuovi farmaci e a un un’ulteriore percentuale di vaccinati, per l’inizio dell’estate potremmo raggiungere una situazione di stabilità. Non vuol dire che il virus smetterà di circolare, ma sarà tenuto sotto controllo. Se dovremo continuare a fare il vaccino, lo scopriremo via via. In termini biologici, un ciclo di tre dosi dovrebbe dare un’immunità di qualche anno, ma ogni virus si comporta in modo diverso. Quindi non ci resterà che osservare cosa succede”.