“In Italia ogni anno circa 5.000 bambini appena nati necessitano di essere rianimati. Di questi, 600 sviluppano una encefalopatia post-asfittica grave, 300 almeno circa presentano stroke arterioso. Su 100 bambini che sviluppano paralisi cerebrali (una media di circa 2 ogni mille nati) almeno un quinto è dovuto ad encefalopatia post-asfittica. Ed è proprio l’asfissia perinatale, riduzione del flusso ematico ai tessuti o riduzione dell’ossigeno nel sangue del neonato prima e durante il parto, forse il nemico principale e più misterioso sul quale bisogna lavorare. La ricerca ci deve aiutare a identificare le possibili cause genetiche di questa grave condizione”. Così all’Adnkronos Salute Luca Ramenghi, professore straordinario di Pediatria all’Università degli Studi di Genova e direttore della Patologia Neonatale e del Dipartimento Madre-Bambino dell’ospedale pediatrico Irccs Gaslini di Genova che è anche il fondatore di Eu-Brain.
“Un’associazione no profit – spiega Ramenghi – che nasce con un duplice scopo: diffondere la cultura neurologica perinatale, ovvero divulgare ciò che si conosce oggi circa le varie problematiche neurologiche a cui un bimbo può andare incontro, sia nella pancia della mamma che una volta nato, e raccogliere fondi per incrementare la ricerca nella neurologia perinatale, un campo con enormi margini di scoperta. Più le persone, i genitori, ne saranno consapevoli, maggiori potranno essere gli sforzi per giungere a grandi risultati, da aggiungere a quelli già ottenuti”.
L’asfissia perinatale e lo stroke arterioso preoccupano Ramenghi, perché “ognuna di queste condizioni – sostiene – potenzialmente può comportare un esito neurologico motorio e della sfera cognitiva e/o comportamentale che rimane per tutta la vita. Da qui la necessità di studiarne gli effetti nella società. Grazie alla Fondazione Melinda e Bill Gates è nato la Global Burden of Disease che misura proprio l’impatto sociale di queste patologie nel prosieguo della vita”.
“In questo periodo – dice ancora Ramenghi – stiamo concentrando gli sforzi anche su un progetto di ricerca finanziato da Eu-brain e dall’Istituto Gaslini che si chiama Ripensa (Registro italiano perinatale per l’encefalopatia post-asfissia) che si prefigge di studiare al meglio l’asfissia, creando anche un registro che in Italia ancora non c’è. Obiettivi dello studio – tiene a precisare Ramenghi che è anche membro del board della Società europea di medicina perinatale – identificare le possibili cause genetiche dell’asfissia per provare a capire come mai alcuni neonati durante il travaglio reggano bene lo stress da contrazioni uterine, mentre altri, due/tre ogni mille, nascono con la necessità di essere rianimati e poi, una parte di loro (1-1,5/1000), sviluppano anche una encefalopatia post-asfittica con esiti a distanza”.
Inoltre, nonostante l’Italia sia tra i Paesi al mondo dove si nasce meglio, con tassi di mortalità neonatale bassissimi (2,1 per mille nati vivi rispetto a 2,9 della Germania; 2,6 della Danimarca; 2,7 dell’Olanda e 2,9 dell’Inghilterra, dati Eurostat 2018), “nel nostro Paese 6,7 parti ogni cento sono pre-termine” ed i neonati prematuri sono a maggior rischio di esiti neurologici rispetto ai nati a termine di gravidanza. Dei 400mila nati nel 2020, “circa 25-28mila sono venuti alla luce prima delle canoniche 37 settimane – sottolinea Ramenghi -. Di questi 2500 sono nati al di sotto delle 31 settimane e con un peso inferiore ai 1500 grammi, quelli più piccoli e che rischiano più degli altri. Ma 25-28mila nati prematuri sotto le 37 settimane sono davvero tanti perché i parti pre-termine non sono privi di conseguenze”.
Quando un bimbo nasce pre-termine presenta un’immaturità degli organi. “Si intuisce facilmente come far fronte all’immaturità dei polmoni – ricorda il pediatra – non a caso i neonati vengono attaccati al ventilatore e aiutati così a respirare. Invece, si immagina meno facilmente cosa comporti l’immaturità del cervello che è esposto facilmente a sviluppare non solo lesioni cerebrali (emorragie intraventricolari ed infiammazione della sostanza bianca ) per la sua intrinseca immaturità ma che non permette spesso neppure un adeguato sviluppo fuori del grembo materno. Per questo ho voluto Eu-brain, per consentire al cervello del prematuro di crescere al meglio nell’ostile ambiente extrauterino e di capire meglio le cause che fanno nascere non pochi nati a termine di gravidanza con grandi difficoltà e necessità di essere rianimati ma che possono comportare esiti neurologici a distanza, come avviene per l’asfissia”.
Le ragioni che spingono i medici a favorire un parto pre-termine sono diverse. “Se un feto sta crescendo poco e male e per questo soffre all’interno dell’utero – afferma Ramenghi –bisogna decidere di farlo nascere prima. È un buon motivo per salvare il benessere del feto e del futuro neonato. Ma alla base di un parto prematuro ci sono davvero tante condizioni come la preeclampsia che con il peggioramento di una ipertensione arteriosa materna si accompagna alla presenza di un eccesso di proteine nelle urine che si sviluppa dopo le 20 settimane di gestazione e, non raramente, madre natura ci pensa da sola a proteggere madre e feto e, quindi, parte spontaneamente un travaglio prima del termine”, conclude Ramenghi.