“Premetto che
prendo le distanze
da come la pensava
, o da quello che può aver fatto mio zio, Graziano Mesina, ma una cosa la voglio dire ad alta voce: lo Stato abbandona totalmente chi esce dal carcere, e noi siamo abbastanza stanchi e provati. Non lo giustifico né lo assolvo, ma purtroppo la verità è questa”. A dirlo all’Adnkronos è il nipote di Graziano Mesina, Nicola Dettori, commentando così a caldo la notizia dell’arresto del latitante sardo, evaso nel luglio 2020. Dettori, sposato con la figlia dell’unica sorella ancora in vita di ‘Gratzianeddu’, il nome con cui è conosciuto il bandito sardo, parla con cognizione di causa avendo lui stesso un passato costellato da entrate ed uscite dal carcere, per sequestro di persona.
“Con questo non voglio dire che giustifico il fare del male -ci tiene ancora a puntualizzare Dettori- Da quello prendo le distanze. Anche io sono caduto in questa rete tanti anni fa, e ne sono uscito vincitore, ma non certo grazie allo Stato”. Il nipote del più famoso bandito sardo, che è stato lui stesso in carcere dalla fine del ’91 al ’93, e poi dal ’95 fino al 2015, racconta: “Nonostante abbia scontato la mia pena, mi sia laureato in carcere, sono stato, come Gratzianeddu e gli altri, totalmente abbandonato. Una persona che esce dal carcere non viene considerata, non viene aiutata”, dice accorandosi.
Dopo cinque anni “di disoccupazione mi ha aiutato la Sarda Servizi, che voglio che venga citata, perché devo ringraziare loro e solo loro se sono una persona che si è riabilitata e può mantenersi, mi hanno aiutato a reinserirmi nella società togliendomi dalla strada”, sottolinea Dettori. Che spiega: “Durante la latitanza non abbiamo mai sentito Graziano, abbiamo preso le distanze da subito. Adesso, non so se ci faranno entrare in carcere, vedremo”. “Cosa gli dirò se avrò la possibilità di parlarci? Gli dirò di farsi coraggio -dice all’Adnkronos Dettori- Lui conosce la galera. Io ci ho trascorso vent’anni, e so che è brutto, non ci si può abituare ad una cosa così. E lui, anche se ha ottant’anni, ci dovrà restare. Quindi, l’unica cosa che posso dirgli, dato che so che lo Stato non lo aiuterà, è questa: di farsi coraggio”.
(di Ilaria Floris)