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Scala dei Turchi, 2 denunciati: uno già condannato per tentata strage

Adnkronos
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I due autori del raid vandalico messo a segno la scorsa settimana alla Scala dei Turchi di Realmonte, nell’Agrigentino, sono stati individuati e denunciati per danneggiamento di beni avente valore paesaggistico. Uno dei due era stato condannato in passato per tentata strage per avere sistemato delle bombole a gas alla metropolitana di Milano nel 2002 e alla Valle dei Templi. Di recente aveva anche imbrattato la marna di Punta Bianca, a poca distanza dalla Scala dei Turchi.  

Nella notte tra venerdì e sabato scorsi la scogliera di marna bianca, candidata a diventare patrimonio dell’Umanità era stata deturpata con polvere di ossido di ferro rossa. Immediato l’intervento dei volontari e tecnici che in tempo record l’hanno ripulita dalle macchie rosse e riportandola al suo splendore.  

Poco meno di 48 ore. Tanto hanno impiegato i carabinieri della Compagnia di Agrigento a dare un nome e cognome ai responsabili. I carabinieri sono riusciti a fare piena luce sull’identità degli autori del maxi danneggiamento grazie alle immagini dei sistemi di videosorveglianza e a una raffica di perquisizioni e verifiche effettuate fra Realmonte e Favara, passando anche da Porto Empedocle e la città dei Templi. 

A coordinare il fascicolo d’inchiesta, inizialmente aperto a carico di ignoti, sono stati il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, e il sostituto Chiara Bisso. I filmati della videosorveglianza hanno permesso di accertare che un furgone, un Ford Transit, è giunto di sera alla Scala dei Turchi. Dal mezzo sono scese due persone trascinando dei sacchi che contenevano la polvere di ossido di ferro. Grazie all’attenta analisi delle immagini i militari sono riusciti ad acquisire il numero di targa del furgone. 

I sospetti dei carabinieri si sono subito concentrati su un uomo di Favara, già noto per danneggiamenti simili. L’ispezione del furgone ha permesso di rinvenire tracce di polvere di ossido di ferro. Le successive perquisizioni hanno consentito di ritrovare, all’interno dei magazzini ispezionati, guanti sporchi della stessa polvere e “ulteriori, inequivocabili, prove”, spiegano gli investigatori. Due i favaresi – si tratta di uomini di mezza età – che sono stati denunciati alla Procura per quello che è stato un puro atto vandalico. 

Alla base del raid vandalico c’era “un atteggiamento di generica e vaga contestazione nei confronti del Sistema e delle Forze dell’Ordine, come è dato scorgere sulle pagine dei social dello stesso indagato”, ha dettoil Procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio. 

“Il materiale probatorio raccolto deve essere ora valutato dal pm procedente e successivamente dal giudice competente, ferma restante la presunzione di innocenza per entrambi gli indagati”, ha detto il capo della Procura che “si è personalmente complimentato con il comandante della Compagnia di Agrigento, Marco La Rovere per la tempestività delle indagini”. 

Lo scorso luglio il tribunale di Palermo aveva rigettato la richiesta della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza chiesta nel mese di febbraio del 2021 per D.Q, imbianchino di 49 anni, uno dei due denunciati. L’uomo era stato condannato in passato per avere piazzato una bombola a gas alla metropolitana di Milano nel 2002. 

Ecco cosa scriveva nel provvedimento di luglio la giudice Ettorina Contino, come apprende l’Adnkronos: “Pur rivelando un profilo personale irrispettoso delle regole di civile convivenza e incline alla reazione ai danni delle forze dell’ordine, si tratta di atteggiamenti certamente esecrabili e che, ove integranti illecito penale, troveranno nella sanzione penale adeguata risposta, ma che, dalla descrizione fornita nella proposta e negli allegati, non risultano avere determinato una lesione ai beni della sicurezza e tranquillità pubblica. Ad esempio, come avverrebbe nei casi in cui l’aggressione, anche verbale, si inserisca in un contesto di violenza che metta a repentaglio un numero indiscriminato di soggetti o che comunque sia idoneo a turbare la percezione del consociato in merito al regolare andamento del vivere civile collettivamente inteso, al mantenimento delle condizioni necessarie alla convivenza sociale, alla possibilità di espletare le ordinarie esigenze di vita senza incorrere nel rischio di un grave danno alla persona”. L’uomo nel 2011 era già stato destinatario della misura di sorveglianza speciale e applicata fino al 2018.