(Adnkronos) –
“Io sono qui per raccontare questa tragedia umana. Il popolo ucraino resiste, non si lasciano abbattere da niente, è commovente. Non se lo aspettava nessuno. Tutti vogliono combattere, pochissimi si tirano indietro”. Quando una settimana fa l’inferno della guerra ha messo piede in Ucraina, Carlo Cozzoli, fotoreporter 28enne originario di Novara, collaboratore per l’agenzia Fotogramma a Milano, non ci ha pensato su due volte. Zaino in spalla, con la sua fedele Leica, Carlo ha acquistato un biglietto di sola andata Milano-Varsavia, destinazione Ucraina.
“Sono arrivato dalla Polonia una settimana fa con un bus di combattenti, assieme ad altri colleghi – spiega Cozzoli all’AdnKronos -. Volevo raccontare le storie di queste persone, la resistenza del popolo. Gli ucraini si mobilitano tutti, dai bambini di 4 anni che aiutano a realizzare le tende per i militari, agli addestramenti. Hanno uno spirito di resistenza incredibile. All’inizio sono diffidenti poi iniziano a conoscerti, a fidarsi, capiscono il lavoro che stai facendo. Tutti vogliono combattere, pochissimi si tirano indietro”.
Da quando è arrivato Carlo non ha mai dormito una notte nello stesso posto. E’ partito da Leopoli e poi si è mosso a Est, oggi è arrivato a Ternopil, dopo aver dormito in una chiesa. “Kiev è impraticabile da qualche giorno – evidenzia – lì i fotografi stanno in un bunker, si muovono con un pulmino un’ora al giorno, chi va nel Donbass poi non torna qui. Al confine ci sono tanti check point, donne e bambini lasciano il Paese, gli anziani restano e non vogliono andarsene, vogliono proteggere le proprie case”.
Quelle che attraversa sono città fantasma, dove l’unico suono che scandisce le giornate è quello delle sirene d’allarme. “I negozi di armi sono vuoti, tutti girano armati – afferma Cozzoli – di aiuti umanitari ne arrivano moltissimi, ma non sanno come trasportarli perché lo spazio aereo è chiuso e devono usare dei furgoni. Prendere un treno è impossibile, può arrivare anche dopo 12 ore”.
La tensione sul fronte è tanta e si fa sentire. “Ieri a pochi chilometri da qui c’è stato un bombardamento – dice Cozzoli – hanno colpito una casa al posto di una base militare, c’è sempre questa paranoia soprattutto la notte, magari si passa la giornata in giro a lavorare e poi la notte bisogna essere pronti, dormiamo vestiti con lo zaino accanto”. Come stanno vivendo questa situazione gli ucraini? “Appena fai 10 metri ti chiedono i documenti, ti fotografano – spiega il fotoreporter -. Con noi a volte si muove un interprete. L’altro giorno un prete ci ha aiutato con la lingua, quasi nessuno parla inglese. Hanno una paura folle che ci siano russi infiltrati”. (di Federica Mochi)