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Centro, parte il cantiere di Toti. I paletti di Calenda e la ‘fatwa’ del Cav

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(Adnkronos) – Più che un cantiere, un ring. Quello di Italia al Centro di Giovanni Toti, oggi alla prima convention nazionale a Roma. Folta la carrellata di ospiti. Carlo Calenda, Ettore Rosato, Maria Stella Gelmini, Clemente Mastella. E poi il sindaco di Genova, Marco Bucci, e il candidato sindaco (sconfitto) di Torino, Paolo Damilano che ha lasciato tempo fa il centrodestra per la sua ‘deriva populista’. Insomma, un parterre ricco quello riunito da Giovanni Toti. Eppure per la ‘cosa’ centrista la strada non sembra affatto in discesa vista la dialettica della mattinata, tra i paletti di Calenda che dice no al ‘fritto misto’ con dentro tutti (Mastella e Luigi Di Maio, in particolare) e poi la fatwa lanciata da Forza Italia, con Silvio Berlusconi, a mettere in chiaro che il centro esiste già ed quello azzurro.  

“C’è chi dice il centro sono io. Ma il centro è di tutti”, la replica tra gli applausi dell’Auditorium Antoniano a Roma del governatore della Liguria che ha concluso l’iniziativa cercando di riannodare il filo del dibattito aperto da Calenda, primo ospite ad intervenire, che ha ribadito la volontà della corsa in ‘solitaria’ di Azione. “Noi andremo indipendenti alle prossime elezioni qualunque sia la legge elettorale”. E se Toti vorrà essere della partita, dice Calenda, non può aprire le porte del suo soggetto a chiunque. “Toti, ti voglio bene. Ma la prossima volta che ti sento dire che Di Maio è bravo mi arrabbio parecchio perché non se po’ sentì”.  

E ancora: “Siate netti. Se dite che questo cantiere è aperto a tutti finirete in un indefinito che non porterà un voto. Un fritto misto che non porta a nulla e che fa gioire gli avversari che possono dire che nel centro c’è di tutto da Calenda a Di Maio a Mastella. Il centro è il contrario di tutto questo, il centro liberale è il luogo delle scelte nette e delle persone perbene. Su questo possiamo essere insieme ma la scelta spetta a voi. Vi aspettiamo il 24 settembre a Milano alla costituente di un movimento che l’Italia aspetta da tanto anni”.  

Senza citare la convention calendiana di settembre a Milano, punzecchia dal palco il presidente di Italia Viva, Ettore Rosato: “Evitiamo di fare dieci convention sulla nascita del centro…. Cerchiamo di mettere insieme le energie che abbiamo”. Ma è con Mastella che il dibattito si accende. Il sindaco di Benevento, i cui rapporti con Calenda sono tesi da tempo, smonta il progetto politico del ‘pariolino’ come lo chiama durante tutto il suo intervento.  

“La strategia del ‘pariolino’ non mi convince perché non va da nessuna parte: Di Maio non va bene, Renzi non va bene, Mastella non ne parliamo… ma io mi tiro fuori perché non ho intenzione di candidarmi. E poi a Napoli l’altro giorno ha detto ‘mai con Toti’. Così non si va nessuna parte. Io non vorrei che finisse con un’alleanza tra il Pd e il ‘pariolino’, perchè arriva al 23-24 per cento e gli altri vincono. Vogliamo che vince il populismo? Il ‘pariolino’ mi pare la quinta colonna del populismo….”. 

La ministra Gelmini mette in chiaro di aver accettato l’invito di Toti da esponente di governo perché “non sono qui a cercare una collocazione politica”. Ma parlando del governo Draghi e degli strattoni a cui è sottoposto da Giuseppe Conte da una parte e Matteo Salvini dall’altra, la ministra azzurra disegna un campo politico preciso: “Siccome non mi piacciono le formule mediane, dico che un partito con cultura di governo non potrebbe allearsi con forze politiche pronte a far cadere Draghi”. Atto “irresponsabile” che è convinta non accadrà perché “non conviene a nessuno”.  

A chiudere l’evento, Toti che prova a dare un’organicità al dibattito della mattina. “A Calenda dico che noi saremo nettissimi. Grande nettezza di idee ma anche grande capacità di dialogo” e quindi invita il leader di Azione ed anche Matteo Renzi a superare “il gioco delle coppie” perché “il dialogo parte dai fatti e dai progetti. Io dico agli amici di Azione e di Italia Viva: mettiamo le cose una dietro l’altra”, i contenuti “e poi vediamo”.  

Partendo da una constatazione, ovvero che il bipolarismo non funziona più. “I partiti ora hanno un dovere: devono dire che un sistema politico è finito e che bisogna costruirne uno nuovo. E forse serve una legge elettorale che interpreti tutto questo. Perché altrimenti avremo di nuovo un Parlamento dove non ci sarà una maggioranza. Se vogliamo mettere l’Italia al centro, cominciamo da qui”. 

E a Antonio Tajani che parla della convention di Italia al Centro come “l’ennesima sfilata di generali senza truppe”, il governatore ligure ribatte: “Questo non è il centro dei generali. Non è il centro di nessuno. E’ il centro delle idee e sta a voi costruirlo. Abbiamo aperto il cantiere, andiamo avanti e se ci dicono che noi stiamo sul lato sbagliato, noi ricorderemo quello che diceva Ghandi: all’inizio ti ignorano, poi ti combattono, poi vinci”.