“Non può non tratteggiarsi la profonda slealtà di entrambi gli imputati che si è manifestata non solo nell’immediatezza del drammatico evento laddove si sono adoperati per omettere, nel corso delle dichiarazioni rese agli operanti di polizia giudiziaria, snodi fondamentali nella descrizione dei fatti”. E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza dello scorso 7 luglio con cui il giudice monocratico di Roma ha comminato due condanne e un’assoluzione al termine del processo per la morte del rapper Vittorio Bos Andrei, conosciuto come ‘Cranio Randagio’ trovato senza vita il 12 novembre 2016 dopo una festa in un appartamento di via Anneo Lucano nella zona della Balduina a Roma.
Un decesso causato, secondo quanto emerso dall’indagine, da un mix di droghe durante una festa. Per quei fatti è stato assolto Francesco Manente, accusato di essere il fornitore della droga, mentre sono stati condannati a 2 anni e mezzo Pierfrancesco Bonolis e Jaime Garcia De Vincentiis, accusati di favoreggiamento perché secondo l’accusa avrebbero mentito per coprire l’amico. Il giudice ha inoltre rimandato gli atti al pm “per svolgere ulteriori approfondimenti investigativi”.
Nella sentenza si sottolinea la condotta dei due quando “anche successivamente, essendo venuti a conoscenza del contenuto delle indagini e dunque delle intercettazioni delle celle telefoniche e dei vari sms, hanno per così dire fatto retromarcia su alcune circostanze emerse pacificamente. Hanno, dunque, ribadito la propria estraneità ai fatti la cui ricostruzione è avvenuta, purtroppo, inaudita altera parte, essendo il Vittorio deceduto e, dunque, in assenza della sua versione dei fatti, cercando di avvalersi di un piano di sviamento conoscitivo che è stato diretto sicuramente a depistare le indagini e a nascondere la verità agli stretti interessati e all’autorità giudiziaria”.
Per il giudice, “risulta, provata la penale responsabilità di Bonolis e Garcia. “La condotta di Bonolis manifesta la consapevolezza di fuorviare con le proprie dichiarazioni contraddittorie e con la propria reticenza le investigazioni dirette a ricostruire i contatti finalizzati all’acquisto di stupefacente e alla identificazione dei fornitori”.
“Bonolis, infatti, ha provocato una ‘negativa alterazione del contesto fattuale all’interno del quale si svolgevano le ricerche’ posto che Bonolis nega, in prima battuta, la presenza di droga pesante alla festa sostenendo di aver consumato della marijuana e di non aver visto nessuno fare uso di metanfetamina; successivamente cambia versione e ammette di aver consumato anche lui le metanfetamine. Nega, quindi, la presenza di droga alla festa, salvo poi ritrattare e dichiarare che questa fosse stata portata solo da Vittorio. Tali dichiarazioni – si legge – risultano smentite dalla complessa istruttoria dibattimentale in cui, con non poca difficoltà, è emerso un contesto condito da alcool e droga leggera durante la prima parte della serata e dal consumo di droghe pesanti durante il secondo tempo della serata”.
Quanto a Garcia, spiega il giudice, “sentito più volte nel corso delle indagini, ha alterato il contesto fattuale negando la circostanza che vi fosse stata cessione e assunzione di droghe pesanti alla festa, ha negato di aver partecipato all’incontro di Andrei con lo spacciatore e ha assunto un atteggiamento reticente che ha ostacolato il reale accertamento dei fatti”.