Nella versione ‘limitata’ che compare nel testo della manovra ‘opzione donna’ è diventata un’opportunità per poche. Per spendere meno, ma per non dare un messaggio di rottura, si è scelta una soluzione di compromesso che, inevitabilmente, incide poco. Ma i lavori parlamentari potrebbero offrire novità su questo specifico capitolo del dossier pensioni. Si potrebbe creare consenso intorno all’ipotesi di prorogare per sei/otto mesi la versione integrale di opzione donna.
Per ora, la misura viene prorogata per un anno ma viene sostanzialmente depotenziata per esigenze di bilancio. Possono accedere a opzione donna solo le caregiver, le invalide civili e chi è stata licenziata. Il requisito dell’età da sommare ai 35 anni di contributi è fissato a 60 anni e scende a 59 in presenza di un figlio e a 58 con due o più figli. In questa versione, opzione donna può essere utilizzata da poco meno di tremila persone e costa 20,8 mln invece che dei 110 della misura ‘intera’, quella del governo Draghi con 58 anni (59 per le autonome) e 35 anni di contributi per tutte le lavoratrici.
Per cambiare strada, e tornare alla misura più efficace, vanno trovare le risorse per la copertura finanziaria, ammesso che si arrivi a formare una maggioranza parlamentare che appoggi la proposta di modifica e che il governo dia il suo via libera.
La proroga, anche contenuta nel tempo, offrirebbe la possibilità di non creare un ‘buco’ tra le condizioni attuali e quelle che dovrebbe definire una riforma più organica, strutturale, dell’intero sistema previdenziale.