Imporre un tetto al prezzo del gas naturale quotato al Ttf sarebbe stato “problematico”, in particolare per quanto riguarda la “sicurezza delle forniture”. E’ il verdetto che la “maggioranza” dei top manager delle compagnie energetiche del Vecchio Continente ha comunicato alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, durante una riunione in videoconferenza con i Ceo delle principali società del comparto che si è tenuta il 23 marzo del 2022.
L’Adnkronos ha ottenuto, mediante una regolare richiesta di accesso agli atti, un documento che riferisce i contenuti del dibattito, che si è svolto ad appena un mese dall’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. La presidente comunicò all’epoca via social di aver discusso con i Ceo dell’energia di come “diversificare l’offerta e ridurre la domanda di gas”. La riunione tra von der Leyen e i numeri uno europei dell’energia si è svolta esattamente alla vigilia del Consiglio europeo in cui l’allora presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha spinto con forza perché a livello Ue venisse imposto un tetto al prezzo del gas, schizzato alle stelle dopo l’attacco della Russia all’Ucraina, scattato il 24 febbraio 2022.
L’evidente reticenza della Commissione ad appoggiare questa misura, poi approvata solo nello scorso dicembre dopo un’estenuante trattativa tra gli Stati membri, si comprende meglio anche alla luce delle posizioni trasmesse quel giorno alla presidente dai capi dell’industria energetica europea. Von der Leyen è particolarmente attenta alle esigenze dell’industria: come ha documentato l’Adnkronos, quasi un quinto degli incontri tenuti finora dalla presidente hanno coinvolto tre industriali della European Roundtable of Industrialists (Ert), Benoit Potier di Air Liquide, Jim Hagemann-Snabe della Siemens e Carl-Henric Svanberg del gruppo Volvo (quello dei camion), con i quali ha discusso a più riprese del Green Deal e delle sue declinazioni, tra cui Next Generation Eu. Svanberg che è un ‘habitué’ delle riunioni con von der Leyen: era presente anche nella videocall del 23 marzo (appare nello screenshot pubblicato via Twitter dalla presidente).
Alla vigilia del Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2022, dunque, von der Leyen incontra in videoconferenza i principali Ceo dell’energia Ue. I nomi dei partecipanti sono omissati nel documento, ma ne vengono riportate le qualifiche: sono presenti il Ceo della anglo-olandese Shell (Ben van den Beurden, in carica fino al 31 dicembre 2022), un membro del cda di British Petroleum, il Ceo della francese Total (Patrick Pouyanné), il Ceo dell’Eni (Claudio Descalzi), quello della tedesca E.On (Leonhard Birnbaum), l’ad della svedese Vattenfall (Anna Borg, che è anche presidente), oltre a tre rappresentanti dell’Ert, uno di Centrica plc, casa madre di British Gas, e uno di Bt plc (gruppo britannico attivo nelle tlc, ma potrebbe trattarsi di un refuso). Due rappresentanti dell’Ert e gli ultimi due hanno partecipato solo in modalità ascolto.
Dalla riunione, sintetizza Kurt Vandenberghe (belga, oggi a capo della Dg Clima e nello scorso marzo advisor di von der Leyen per il Green Deal) in un’e-mail inviata a diversi colleghi della Commissione, in particolare della Dg Energia, sono emersi vari “messaggi”. Uno dei quali è, appunto, che “la maggioranza dice che un tetto al prezzo del gas al Ttf sarebbe problematico in termini di sicurezza degli approvvigionamenti, per la promozione di arbitraggi commerciali, eccetera. Un tetto al prezzo del gas russo via gasdotto potrebbe essere discusso, ma dovrebbero esserne analizzate le conseguenze”.
Nel messaggio non viene specificato chi tra i Ceo esattamente ha sostenuto questo messaggio: si menziona solo la posizione della “maggioranza” (il che implica che non tutti erano d’accordo). I Ceo spiegano a von der Leyen che l’Europa “paga un alto prezzo per l’energia perché siamo molto dipendenti dalle importazioni. Due sono i problemi: accesso ai volumi e prezzi. Il prezzo è attualmente grandemente determinato dall’incertezza sul mercato sulle forniture future. Questa incertezza può essere gestita o eliminando la minaccia di sanzioni, oppure contenendo la domanda”. Le risposte suggerite dai top manager sono anzitutto “ridurre la domanda (è ora che venga fatta una grande campagna Ue per risparmiare energia; bisogna proteggere le catene del valore critiche, per esempio quelle che assicurano la transizione energetica); aumentare la produzione locale (le rinnovabili, che necessitano di un quadro regolatorio stabile); diversificare le forniture”.
Tutto questo “deve essere accompagnato da misure che proteggano i vulnerabili”, si legge ancora nel resoconto. “La maggior parte dei manager (non tutti) mette in guardia dall’interferire con i meccanismi di mercato, perché potrebbe avere conseguenze indesiderate. Ad esempio, il Giappone ha introdotto un price cap che ha portato a forniture di gas inferiori, meno investimenti e blackout elettrici”. Per quanto riguarda il Gnl (gas naturale liquefatto), “i fornitori negli Usa sono società private. Il presidente Joe Biden non può imporre le consegne. La migliore opzione è prevedere contratti a lungo termine. L’Ue sta pagando un prezzo energetico molto più alto degli Usa, a causa delle sanzioni” imposte alla Russia per l’aggressione all’Ucraina.
Inoltre, per i top manager “questa crisi dovrebbe dare una spinta ad accelerare il Fit for 55”, il pacchetto legislativo Ue che punta a ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Nella videoconferenza viene deciso di creare un “gruppo di lavoro” con gli esperti dell’industria per “fornire informazioni dettagliate sui mercati e su cosa è fattibile in termini di misure previste; discutere soluzioni sul versante dell’offerta (da dove possono arrivare forniture aggiuntive, quali sono le possibili strozzature, come ottimizzare la politica di stoccaggio del gas); gestione della domanda (che in ogni caso richiederà un approccio coordinato dell’Ue in caso di problemi nell’offerta)”. La posizione sul price cap espressa dalla “maggioranza”, non da tutti, i Ceo delle grandi compagnie energetiche Ue sembra aver avuto un effetto duraturo sulla posizione della Commissione. Commissione che non ha mai fatto mistero del proprio scetticismo su una misura come il tetto, che interferisce con i meccanismi di mercato (con i quali a sua volta interferisce la guerra in corso ai confini orientali dell’Ue).
Al punto che la proposta avanzata dalla Commissione in novembre, dopo un estenuante rimpallo di non-paper e linee guida, prevedeva un tetto di 275 euro al megawattora, così alto che non sarebbe scattato neppure nello scorso agosto, quando i prezzi del gas al Ttf schizzarono ben oltre i 250 euro. Una proposta che la ministra spagnola dell’Energia Teresa Ribera bollò senza mezzi termini come uno “scherzo di cattivo gusto”. Il tetto è infine stato fissato a 180 euro al megawattora, ma solo dopo mesi di estenuanti trattative. L’estrema cautela della Commissione, dunque, potrebbe essere stata determinata anche dalle perplessità di una fetta maggioritaria dell’industria, e non solo da una pretesa vicinanza del gabinetto von der Leyen alle posizioni della Germania.