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“Test svela età biologica e dice come rallentare invecchiamento”

Adnkronos
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(Adnkronos) – “Perché ci sono novantenni che dimostrano 60 anni e ballano il Tip-Tap e quarantenni che arrancano a fare due piani di scale e sembrano vecchi? Non è solo questione di buona salute o di allenamento. E’ il Dna, anzi, l’azione epigenetica delle strutture molecolari che lo regolano: i gruppi metilici, il metiloma”. Lo afferma Claudio Giorlandino, direttore scientifico dell’Istituto di ricerca scientifica Altamedica, che ha brevettato un test, da effettuare sul sangue o sulle mucose, denominato Highlandertest che valuta la vera età, quella biologica, non quella anagrafica, calcolando il ritmo di invecchiamento.  

Si tratta di un esame della porzione influenzabile del Dna (il metiloma) basato sull’orologio epigenetico, il vero orologio del nostro organismo. Si basa sui livelli di metilazione del Dna, misurando l’accumulo di gruppi metilici sulla sequenza del nostro genoma. Lo studio scientifico ‘Epigenetics clocks and age related disease’, che ha permesso di arrivare al nuovo test, è stato sottomesso alla prestigiosa rivista Epigenomes. I forti effetti dell’età sui livelli di metilazione del Dna sono noti dalla fine degli anni 1960, ma molto più recentemente si è appreso anche il contrario e che, cioè, la metilazione non è stabile come si pensava e che essa agisce sul funzionamento del nostro Dna. Con il nuovo test studiato dal Centro Altamedica si lavora all’interno del Dna per riportare indietro le lancette del tempo e rallentare l’invecchiamento. 

“Oggi nuovi più sofisticati algoritmi, come quello che abbiamo brevettato, sono in grado di associare, all’età cronologica, i fattori che la influenzano in un soggetto rispetto all’altro – spiega Giorlandino -permettendo di correggere l’andamento epigenetico del singolo individuo al fine di rallentarne l’invecchiamento. L’orologio biologico è superiore a qualsiasi altro metodo anche statistico ed epidemiologico per stabilire, in assenza di problematiche esterne intercorrenti, addirittura l’epoca di ‘fine vita’ del soggetto. Lo abbiamo visto su campioni di soggetti che avevano ancora poco da vivere. D’altra parte si è osservato come l’orologio epigenetico non presenti differenze con l’età cronologica, nei soggetti molto giovani e sani. Ma che queste differiscono e divergono con l’avanzare degli anni”.  

“Confrontando l’età di metilazione del Dna (età stimata) con l’età cronologica, si possono definire misure di accelerazione dell’età – prosegue -. Invecchi di più o di meno del tempo che passa? L’accelerazione dell’età può essere definita come la differenza tra l’età di metilazione del Dna e l’età cronologica. Un valore positivo o negativo dell’accelerazione dell’età epigenetica suggerisce che il tessuto sottostante invecchia più velocemente o più lentamente del previsto. La sua analisi si spinge talmente in avanti che oggi, con questi test, è già possibile stabilire la data del fine vita”, rimarca.  

Per Giorlandino, “è questo uno degli aspetti più sconvolgenti, ma anche inquietanti, di questo studio epigenetico basato sull’analisi del metiloma. Abbiamo studiato un test che ovviamente non fornirà l’informazione sul ‘fine vita’, se non su specifica richiesta. Conoscere la propria vera età, quella biologica, certificata con un documento incontestabile è senz’altro elemento di grande valore nella documentazione medica che viene normalmente richiesta nei rami salute e vita delle assicurazioni o alla stipula di un mutuo”, spiega ancora.  

“Ciò che è incredibile è, però, che la data di invecchiamento prevista può essere rimandata – sottolinea l’esperto – agendo sul metiloma attraverso le indicazioni fornite, farmaci o integratori specifici per ognuno e sullo stile di vita. Studi di associazione genome-wide sull’accelerazione dell’età epigenetica in campioni di cervello post-mortem hanno identificato diversi polimorfismi correlati con le funzioni cerebrali che possono essere metilate o demetilare inibendone o permettendone il funzionamento. Ecco come la epigenetica può lavorare sulla costituzione della genetica individuale del soggetto. Migliorare le performance lavorando sul Dna, non sull’individuo dall’esterno. In tal senso la medicina diviene ricostruttrice, non più riparatrice”.