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Inchiesta Covid Bergamo, i tre filoni dell’indagine

Adnkronos
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(Adnkronos) – Conte, Speranza, Fontana e Gallera tra i 19 indagati nell’inchiesta sul Covid a Bergamo. Sono tre i filoni dell’indagine chiusa mercoledì dalla procura di Bergamo: si tratta della mancata zona rossa, il piano pandemico e l’ospedale di Alzano Lombardo. Per la procura di Bergamo, sulla base della consulenza affidata al microbiologo Andrea Crisanti, la zona rossa a Nembro e Alzano avrebbe potuto risparmiare migliaia di morti. Per Conte e Speranza, che risulterebbero coinvolti nell’inchiesta relativamente a questo capitolo, gli atti verranno inviati al Tribunale per i ministri. 

Non meno centrali gli altri due aspetti dell’indagine durata quasi tre anni: da una parte il mancato aggiornamento e la mancata applicazione del piano pandemico, fermo al 2006, che avrebbe potuto frenare l’avanzata del virus e garantire quei dispositivi – guanti, mascherine e tamponi – introvabili per giorni. Dall’altra parte la vicenda dell’ospedale di Alzano. I dubbi non riguardano tanto la chiusura e la riapertura del Pronto soccorso del 23 febbraio 2020, dopo la scoperta del primo caso, ma l’assenza di interventi nei reparti dove i contagi salivano costantemente. 

Due i dati su tutti: la pandemia nella primavera del 2020 ha riempito più di 3mila bare in provincia di Bergamo e tra fine febbraio e aprile 2020, nella Bergamasca l’eccesso di mortalità fu di 6.200 persone rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti.  

Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza, “sono state articolate, complesse e consistite nell’analisi di una rilevante mole di documenti acquisiti e sequestrati, sia in forma cartacea che informatica, presso il ministero della Salute, l’Istituto superiore di Sanità, il Dipartimento della Protezione civile, Regione Lombardia, Ats, Asst, l’ospedale Pesenti-Fenaroli di Alzano Lombardo, nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall’attività investigativa, oltre che nell’audizione di centinaia di persone informate sui fatti” si legge nella nota del procuratore capo Antonio Chiappani.  

Un’attività – nei confronti dei 19 indagati – che “è stata oltremodo complessa sotto molteplici aspetti e ha comportato altresì valutazioni delicate in tema configurabilità dei reati ipotizzati, di competenza territoriale, sussistenza del nesso causalità ai fini dell’attribuzione delle singole responsabilità, ha consentito innanzitutto di ricostruire i fatti così come si sono svolti a partire dal 5 gennaio 2020” conclude il procuratore.