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Ucraina-Russia, gli oligarchi giocano una partita su più tavoli

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(Adnkronos) – Un doppio gioco, indispensabile per salvare le proprie fortune. Gli oligarchi russi, che hanno storie diverse tra loro, stanno vivendo il protrarsi della guerra in Ucraina come degli abili strateghi, contesi tra due esigenze contrarie: mantenere tutti i rapporti con Vladimir Putin per continuare a guadagnare e preservare la loro rendita di posizione e dialogare in maniera riservata con i loro referenti occidentali, per gestire le conseguenze delle sanzioni e preparare un ritorno alla normalità.  

Una partita che giocano potendo contare su patrimoni enormi ma coltivando un’insofferenza crescente verso la politica di aggressione del Cremlino, un tempo benefattore ma oggi un evidente ostacolo per le proprie finanze. E una delle chiavi su cui si sta ragionando per modificare e rendere più efficienti le sanzioni occidentali è anche quella di ammorbidire le misure personali, in cambio di un dissenso dichiarato e di una collaborazione concreta alla ricostruzione dell’Ucraina. 

Sono, per ora, ipotesi e suggestioni. Ma il lavoro diplomatico è in piedi da sempre e i canali di comunicazione con l’Occidente, anche tramite intermediari, sono rimasti sempre aperti.  

Ma quali sono i principali oligarchi russi? E cosa stanno facendo? Qualche risposta si può trovare scorrendo l’ultima classifica stilata da Forbes, che evidenzia il rientro nel 2023 dei miliardari russi, che hanno sostanzialmente recuperato le perdite causate dal conflitto in Ucraina. Sono in tutto 105, con un patrimonio netto complessivo di 474 miliardi di dollari, in crescita di 154 miliardi di dollari rispetto al 2022. 

I primi dieci, partendo dal più ricco, sono tutti sanzionati da Ue, Regno Unito e Stati Uniti e hanno storie significative. Andrey Melnichenko, patrimonio netto di 25,2 miliardi, ha la residenza a Ras Al Khaimah, Emirati Arabi Uniti. E’ il fondatore dell’azienda produttrice di fertilizzanti Eurochem e della società di energia da carbone Suek. Vladimir Potanin, patrimonio netto di 23,7 miliardi, risiede a Mosca e ha rapporti diretti con Putin. Possiede un terzo della Norilsk Nickel, settore metallurgico e ha continuato a fare affari in Russia con lo scoppio della guerra. Nella primavera del 2022 ha acquistato Rosbank dalla Societe Generale, che ha interrotto le attività in Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, e il 35% della Tinkoff Bank dal suo fondatore Oleg Tinkov.  

Vladimir Lisin, patrimonio netto 22,1 miliardi, residenza a Mosca, è il presidente del Gruppo Nlmk, leader nella produzione di prodotti in acciaio. Possiede anche l’operatore ferroviario First Cargo e alcune compagnie portuali e di navigazione. Leonid Mikhelson, patrimonio netto di 21,6 miliardi, residenza a Mosca, è il fondatore e presidente della società produttrice di gas naturale Novatek. Alexey Mordashov, patrimonio netto di 20,5 miliardi, residenza a Mosca, è l’azionista di maggioranza dell’azienda siderurgica Severstal.  

Vagit Alekperov, patrimonio netto di 20,5 miliardi, residenza a Mosca, ha creato la Lukoil, oggi la più grande compagnia petrolifera indipendente della Russia. Gennady Timchenko, patrimonio netto di 18,5 miliardi, residenza a Mosca, ha partecipazioni in diverse aziende russe, tra cui la società produttrice di gas Novatek e il produttore petrolchimico Sibur Holding. Alisher Usmanov, patrimonio netto di 14,4 miliardi, residenza a Tashkent in Uzbekistan, ha la sua partecipazione più importante nel gigante del minerale di ferro e dell’acciaio Metalloinvest. 

Mikhail Fridman, patrimonio netto di 12,7 miliardi, è cofondatore di Alfa Bank, la più grande banca non statale russa. Le sue proprietà a Londra, compresa la tenuta di Athlone House, di epoca vittoriana, del valore di 100 milioni di dollari, dove ha vissuto a lungo, sono state congelate dal Regno Unito. Viatcheslav Kantor, patrimonio netto di 11,3 miliardi, è un grande azionista di Acron, uno dei maggiori produttori russi di fertilizzanti, quotato in borsa. E’ cittadino russo, britannico e israeliano. 

La priorità per tutti loro, e ce ne sono moltissimi altri con interessi e patrimoni in tutto il mondo, è fare in modo che tutto, o almeno il più possibile di quello che è stato congelato, prestato, coperto, con l’arrivo delle sanzioni sia salvato. Per questo, gli oligarchi, anche i più vicini a al Cremlino, restano un fattore che può pesare, e non poco, nella tenuta dell’economia e del regime di Putin. (Di Fabio Insenga)