Home FOCUS Pronto soccorso / Spuntano i privati ma curano (se paghi) solo cose...

Pronto soccorso / Spuntano i privati ma curano (se paghi) solo cose banali

Adnkronos
604
0

Assistenza e cura ai cittadini h24 come veri e propri ‘pronto soccorso’ sempre aperti. A Bergamo, Brescia ma anche Milano e Roma si moltiplicano nelle grandi città progetti e iniziative. Ma a differenza del Servizio sanitario nazionale non curano se non paghi. In Lombardia, soprattutto, questo tipo di realtà sono spesso denominate ‘ambulatori-pronto soccorso’ e già operano da tempo. Ma anche a Roma esistono strutture sanitarie private dove ci si può recare notte e giorno in caso di necessità. Parliamo però di codici bianchi e verdi, che nel linguaggio della medicina d’emergenza non sono urgenze.

“Non chiamiamoli pronto soccorso – dice all’Adnkronos Salute Fabio De Iaco, presidente della Società italiana di Medicina d’emergenza urgenza – ma ambulatori dove vengono fatte prestazioni banali. Esempio, mi taglio al dito con la scatoletta di tonno e vado lì, magari faccio prima e trovo meno caos rispetto a un pronto soccorso”.

Il tema dell’offerta privata nel campo della medicina d’emergenza, “è molto complesso, mi spiego: se parliamo di grandi gruppi sanitari privati, Humanitas, San Raffaele e Gemelli, lì ha un senso avere un pronto soccorso privato-convenzionato perché c’è un polo ospedaliero dietro che dà ogni tipo di risposta a chi può accedere in pronto soccorso. E non c’è nulla da dire. Altra cosa sono le esperienze come quella di Bergamo” al Policlinico San Marco di Zingonia “che in realtà se li chiamiamo pronto soccorso commettiamo una distorsione. Il privato ha individuato una falla nel pubblico, dove non siamo efficienti e nei tempi giusti, e dove può trovare spazio. Ma siamo sicuri che chi accede a questi servizi poi non debba tornare nel pronto soccorso pubblico perché magari un mal di testa era un ictus o un mal di pancia un infarto e serve una Unità complessa per gestirli?”, si chiede De Iaco.

Secondo la Simeu, i costi di accesso a questi ‘ambulatori-pronto soccorso’ “non rappresentano poi il totale finale, perché eventuali esami radiologici o prelievi li paghi – avverte De Iaco – Quindi il conto alla fine sarà salato, e molto. Una appendicite complessa, faccio un esempio, quanto costa nel privato? 18-20mila euro? Ecco queste cifre non tutti possono permettersele e anche le assicurazioni non è detto le coprano. Quindi il paziente che fa? Va nell’ospedale pubblico. Quindi – chiosa – paga 140 euro per bypassare la fila del pronto soccorso ma poi finisce per doverci andare come ultima spiaggia. C’era chi aveva proposto di rilasciare a chi viene dimesso dall’ospedale il costo delle cure che avrebbe dovuto pagare se fosse stato nel privato, ecco qualcuno dovrebbe ricordarlo”.

Secondo il segretario nazionale dell’Anaao Assomed, il sindacato dei medici dirigenti del Ssn, Pierino Di Silverio, “i privati stanno sondando l’appeal verso i cittadini di questi ‘pronto soccorso privati’, se davvero c’è una richiesta di cure in emergenza. A Brescia” dove era stato lanciato un ambulatorio-pronto soccorso privato “dopo le nostre denunce è stata stipulata una convenzione fra pubblico e privato per fare una rete gratuita dei pronto soccorso. Un progetto molto interessante”.

C’è poi la cronaca a rilanciare la necessità di avere pronto soccorso efficienti. Una donna di 59 anni è morta all’esterno del pronto soccorso dell’ospedale ‘Mauro Scarlato’ di Scafati (Salerno), chiuso per lavori da alcuni mesi. A denunciare l’episodio è stato il sindaco di Scafati Pasquale Aliberti, che ha spiegato come il marito della donna abbia “tentato un massaggio cardiaco” in attesa di un’ambulanza “allertata dalla Polizia Municipale” ma “arrivata dopo oltre mezz’ora”. Per la Simeu, “c’è un tema che riguarda come le piccole strutture poco attrezzate debbano essere chiuse, ma in realtà non è il pronto soccorso chiuso ma è da rivedere l’intera rete dell’emergenza-urgenza che vuol dire 118, 112 e altri soggetti – conclude De Iaco – Quindi non dobbiamo interrogarci sul singolo punto ma sulla rete che deve prendere in considerazione le esigenze e i bisogni di cura del cittadino, dalla casa alla terapia intensiva”.