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Sardegna, popolazione e famiglie: le prospettive a 20 anni

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(Adnkronos) – Il panorama sociodemografico della Sardegna, da una parte, registra un saldo negativo costante in linea con la media nazionale, conseguenza dello sbilancio tra numero di nascite in calo e numero di decessi in aumento, dall’altra segnala un’aspettativa di vita piuttosto elevata. Infatti, l’indice di vecchiaia supera di oltre due punti quello nazionale che è al 24,1%.  

Dai principali indicatori demografici regionali, confrontati con quelli nazionali dal 2019 al 2022, emerge che la Sardegna ha un tasso di natalità più basso, così come è inferiore la percentuale di popolazione tra 0 e 14 anni. Al contrario, la popolazione sarda ha un’età media superiore alla media italiana, così come una percentuale maggiore di cittadini over 65 anni. 

Dati confermati anche dal Rendiconto sociale regionale 2022 dell’INPS secondo cui il 26% della popolazione sarda è composta da over 65, una percentuale che, se sommata a quella degli under 14, rappresenta oltre il 36% dei cittadini non in età da lavoro. Tra gli altri principali indicatori sociodemografici, si segnala un andamento oscillatorio del saldo migratorio.  

Secondo i dati Istat, al 1° gennaio 2023 la popolazione sarda è di 1.575.028 persone, con una prevalenza femminile (802.450) rispetto alla componente maschile (772.578). Il numero di residenti è in costante calo rispetto agli ultimi anni, nel 2020 erano 1.611.211, con una diminuzione di oltre 36 mila persone.  

A livello di province, Sassari è la più popolosa con 473.629 abitanti a inizio 2023, seguita da Cagliari con 419.553, Sud Sardegna 333.621, Nuoro 198.184 e Oristano con 150.041 residenti. Negli ultimi quattro anni tutte le province sarde hanno perso un numero considerevole di residenti. In particolare, dal 2020 a gennaio 2023 Sassari e Sud Sardegna registrano circa 11 mila cittadini in meno, Nuoro circa 7 mila, Oristano circa 4 mila e Cagliari circa 3 mila.  

A conferma del progressivo spopolamento dell’Isola vi sono diversi indicatori negativi. A cominciare dal tasso di natalità sceso nel 2022 al 4,9 (era il 5,5 nel 2019), decisamente inferiore a quello medio italiano che nel medesimo anno si attesta al 6,7. Così come sono più bassi in Sardegna il numero medio di figli per donna (0,95 contro 1,25 della media italiana) e la percentuale di persone tra 0 e 14 anni (10,7% contro il 12,7%).  

I dati INPS sulle dinamiche demografiche degli ultimi 10 anni sottolineano la progressiva erosione della popolazione regionale. Nello specifico, il saldo naturale, ovvero il rapporto tra nascite e decessi, è sempre più negativo, passando dal -2.790 registrato nel 2011 al -10.553 del 2021.  

Nel decennio considerato, il numero delle nascite si è ridotto di 4.418 unità. Se nel 2011 ci furono 12.650 nascite, nel 2021 il numero è sceso a 8.232, la cifra più bassa degli ultimi dieci anni. Al contrario, è aumentato il numero di decessi saliti di oltre 3 mila unità, da 15.440 del 2011 a 18.785 del 2021.  

Parlando di singole province, il tasso di crescita naturale registra un trend sempre più negativo in modo particolarmente evidente a Oristano dove raggiunge -10,5 nel 2022. Non va meglio nel Sud Sardegna dove nello stesso anno si registra un -9,6 e a Nuoro con -9. Leggermente meglio, ma pur sempre in negativo a Cagliari -6,6 e a Sassari -7,3.  

Negli ultimi dieci anni la speranza di vita della popolazione regionale è cresciuta da 84,7 anni nel 2011 a 85,5 anni nel 2021 per le donne, da 79 a 79,9 anni per gli uomini, seppur con leggere oscillazioni da un anno all’altro del periodo considerato.  

L’indice di longevità registrato nel 2021 dall’Istat e riportato nel Rendiconto regionale dell’INPS segnala che le donne sarde hanno un’elevata aspettativa di vita e con 85,5 anni sono al terzo posto in Italia, dietro soltanto alle cittadine del Trentino Alto-Adige e del Veneto.  

Discorso diverso invece per i maschi sardi, che nel confronto con le altre regioni italiane si piazzano piuttosto male, ben oltre la metà della classifica, con una speranza di vita alla nascita di 79,9 anni. Aspettativa che si riduce a 19,1 anni per i 65enni contro il 22,7 per le donne della stessa età e a 6,1 per gli 85enni (7,4 per le loro coetanee). 

Un interessante indicatore demografico riguarda i fenomeni di emigrazione ed immigrazione. Dall’analisi dei dati Istat dell’ultimo decennio, il flusso migratorio, dopo una crescita costante registrata dal 2012 al 2019, ha subito una frenata nel 2020 e nel 2021. Un arresto dovuto principalmente alla pandemia che ha limitato i flussi di persone.  

In particolare, i cittadini sardi che hanno lasciato la loro terra d’origine nel 2021 sono stati 34.513, di cui la grande maggioranza, oltre 31 mila, sono rimasti all’interno dei confini nazionali, poco più di 3 mila sono andati all’estero. Sono soprattutto i cagliaritani, oltre 11mila, a decidere di cambiare residenza.  

Gli stranieri residenti in Sardegna a fine 2022 sono 48.617 con una crescita dello 0,4% rispetto al 2021 e con un’incidenza del 3,1% sul totale della popolazione regionale. Il saldo migratorio con l’estero è positivo e segna +2.192 (dato Dossier Statistico Immigrazione 2023, Centro Studi IDOS), sottolineando la forza attrattiva dell’Isola a livello internazionale.  

In Sardegna nel 2022 il tasso di nuzialità, ovvero il rapporto tra numero di matrimoni celebrati e l’ammontare medio della popolazione residente, è in ripresa dopo il crollo del 2020, anno della pandemia. Il tasso medio della regione è salito infatti dall’1,5 ogni 1.000 abitanti del 2020 al 2,4 del 2021, fino al 2,7 del 2022. Un dato comunque inferiore rispetto alla media nazionale che si attesta al 3,2. 

Solo Sassari registra nel 2022 un tasso di nuzialità in linea con quello nazionale (3,2) con una crescita di 0,7 punti su base annua. Oristano è la provincia dove si celebrano meno matrimoni, con un tasso di nuzialità di 2,4 ogni mille abitanti, seppur in leggera crescita rispetto al 2021. 

Inferiore alla media nazionale anche il numero medio di figli per donna, che nel 2022 si attesta a 0,93, contro l’1,01 e comunque in calo costante dal 2019. In termini di province, solo a Sassari (1,01) e a Nuoro (1) si registrano valori uguali o superiori all’unità.  

Grazie ad un metodo basato sul cosiddetto Propensity Rates, applicato alla popolazione prevista nel breve e medio periodo, l’Istat ha elaborato delle previsioni a vent’anni sulla composizione delle famiglie italiane con dati specifici per regione, tipologia di famiglia e numero di componenti.  

Se al 1° gennaio 2022 il numero totale di famiglie in Sardegna è 710.303 al 2042 le previsioni indicano un numero pari a 675.230, dunque con una diminuzione complessiva di oltre 35 mila nuclei familiari. Di particolare interesse l’indicatore di persone sole che vede una crescita esponenziale nel caso di donne single, che salirebbero in 20 anni dalle poco più di 119 mila attuali a oltre 148 mila.  

In linea con l’attuale tendenza della bassa natalità, le stime segnalano una crescita di oltre duemila coppie senza figli e un crollo del numero di coppie con almeno un figlio con meno di 20 anni di età: dalle attuali 117 mila circa a poco più di 71 mila nel 2042. 

Per cercare di porre un freno al fenomeno dello spopolamento e della bassa natalità, la Regione sta mettendo in campo una serie di interventi sostenuti dallo stanziamento di 360 milioni di euro previsti nella legge di stabilità 2022 a cui sono stati aggiunti altri 40 milioni nel corso del 2023.  

In particolare, le azioni riguardano i comuni con meno di tremila abitanti, il bonus nascite, il sostegno ai mutui prima casa e le agevolazioni per le attività produttive per sostenere la ripresa economica dei territori, favorendo la nascita di nuove attività imprenditoriali specie nei piccoli comuni.  

Con riferimento alla gestione e alla programmazione regionale dei flussi migratori, la Regione, tra l’altro, ha finanziato il Crei Acli per la realizzazione dell’Osservatorio permanente sui flussi migratori e sulle condizioni delle migrazioni in Sardegna, al fine di analizzare costantemente immigrazione ed emigrazione, in modo da poter elaborare specifiche politiche di intervento.