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Netanyahu rifiuta richieste di Hamas. La protesta delle famiglie degli ostaggi

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(Adnkronos) –
Israele respinge completamente le richieste di Hamas di ‘resa’ in cambio del rilascio degli ostaggi rapiti lo scorso 7 ottobre. L’Ue dal canto suo sta valutando la possibilità di imporre “conseguenze” su Israele se il suo primo ministro continuerà a opporsi alla creazione di uno Stato palestinese. Intanto le famiglie degli ostaggi protestano davanti alla residenza di Netanyahu, mentre per Hamas “il tempo sta per scadere”.  

“Gaza deve essere smilitarizzata” ed “essere posta sotto il pieno controllo della sicurezza israeliana”, la posizione di Netanyahu nel dettaglio. Netanyahu ha ribadito in un videomessaggio la sua determinazione a non permettere l’emergere di uno Stato palestinese a tutti gli effetti e militarizzato: “Non scenderò a compromessi sul pieno controllo della sicurezza israeliana sull’intero territorio a ovest del fiume Giordano. “Finché sarò primo ministro, continuerò a sostenere fermamente questo”, ha sottolineato aggiungendo: “Ho mantenuto fermamente questa posizione di fronte alle enormi pressioni internazionali e nazionali”. “Apprezzo molto il sostegno degli Stati Uniti a Israele, e l’ho espresso anche al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Tuttavia, rimango fermo sui nostri interessi vitali: “Dobbiamo ottenere la vittoria totale”.  

“Finché sarò primo ministro, continuerò a sostenere fermamente questo”, ha promesso, vantandosi di aver resistito alle pressioni internazionali e interne nel corso degli anni per muoversi verso una soluzione a due Stati. 

Netanyahu ha fatto dichiarazioni simili nell’ultima settimana, anche se sembra essere stato attento a non rifiutare categoricamente ogni forma di statualità palestinese. 

“Finora abbiamo riportato a casa 110 ostaggi e siamo impegnati a riportarli tutti indietro”, ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, secondo ‘The Times of Israel’, aggiungendo: “Ci sto lavorando tutti i giorni. Ma sia chiaro: rifiuto categoricamente i termini della resa dei mostri di Hamas”. Il primo ministro ha spiegato che in cambio del rilascio degli ostaggi, “Hamas chiede la fine della guerra, l’uscita delle nostre forze da Gaza, il rilascio di tutti gli assassini e gli stupratori delle forze Nukhba. Se accettiamo questo, i nostri soldati sono caduti invano”. Se siamo d’accordo con questo, ha detto ancora, “non possiamo garantire la sicurezza dei nostri cittadini. Non possiamo riportare a casa gli sfollati sani e salvi, e un altro 7 ottobre sarà solo questione di tempo. Non sono in grado di accettare un colpo così fatale alla sicurezza israeliana, e quindi non posso accettarlo”. Il primo ministro ha anche affermato di aver chiarito la posizione di Israele su questo tema al presidente degli Stati Uniti Biden quando hanno parlato durante il fine settimana. 

Una folla tra familiari degli ostaggi e manifestanti si è radunata davanti alla residenza privata del primo ministro israeliano Netanyahu a Gerusalemme chiedendo un accordo immediato per la liberazione degli ostaggi rapiti a seguito dell’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre ad Israele. “Resteremo qui fino a quando il primo ministro non accetterà un accordo per restituire gli ostaggi”, ha detto un portavoce di Hostages and Missing Families. Orrin Gantz, la madre del 28enne Eden Zacharia, rapito e ucciso durante la prigionia di Hamas, ha parlato alla folla e ha esortato il primo ministro e il gabinetto di guerra a “rinunciare all’ego”. 

“La scelta è vostra, se volete recuperare delle bare o persone vive. Il vostro governo sta mentendo, il tempo sta per scadere”. Ad affermarlo, secondo quanto riferisce ‘Al Jazeera’, sono le Brigate al-Qassam, l’ala militare di Hamas, che hanno pubblicato una foto con un messaggio indirizzato alle famiglie degli ostaggi israeliani detenuti nella Striscia di Gaza. Le Brigate Qassam hanno precedentemente annunciato che molti detenuti israeliani sono stati uccisi da attacchi aerei israeliani sulla Striscia dall’inizio della guerra. 

L’attacco del 7 ottobre contro Israele è stato “un passo necessario”, ma il “caos” che ne è seguito ha provocato alcuni “errori”. E’ quanto ammette Hamas in un documento di 16 pagine, che è il primo resoconto pubblico del gruppo dell’operazione “Diluvio di al Aqsa” in oltre tre mesi. Nel testo, di cui dà notizia al Jazeera, si legge che l’attacco è stato “un passo necessario e la risposta normale alle cospirazioni israeliane contro il popolo palestinese”. “Forse – ammette Hamas – sono stati commessi alcuni errori durante l’operazione a causa del rapido collasso del sistema di sicurezza e militare israeliano e del caso causato lungo le aree di confine con Gaza”. 

L’Ue dal canto suo sta valutando la possibilità di imporre “conseguenze” su Israele se il suo primo ministro Benjamin Netanyahu continuerà a opporsi alla creazione di uno Stato palestinese. Lo riferisce il ‘Financial Times’. La proposta, che sarà discussa in occasione di una riunione dei ministri degli Esteri dell’Ue, mette in luce “il crescente disagio” per la posizione di Israele da parte di molti dei suoi alleati occidentali. 

In un documento diffuso in vista dell’incontro e visionato dal quotidiano britannico “Bruxelles ha proposto che gli Stati membri dell’Ue ‘impongano conseguenze nel caso di impegno o di mancato impegno’ rispetto al piano di pace proposto. Il piano prevede la creazione di uno Stato per la Palestina e il riconoscimento reciproco della sovranità – la cosiddetta soluzione dei due Stati”.