La scabbia è una malattia pruriginosa, molto contagiosa, causata dall’acaro ‘sarcoptes scabiei hominis’, un parassita che compie il suo intero ciclo vitale nell’epidermide umana e sopravvive per pochi giorni al di fuori di essa. È una malattia diffusa in tutto il mondo, senza differenze di etnie o classi sociali: ogni settimana, all’Irccs Meyer di Firenze, “si registrano circa 2/3 nuovi casi, per un totale di più di 100 nuove diagnosi all’anno”.
“La trasmissione avviene per contatto stretto e per questo si diffonde con grande facilità nei nuclei familiari e in ambienti comunitari”, sottolinea l’Aou Meyer. Gli specialisti del pediatrico fiorentino ha però trovato “una cura risolutiva” rivisitando un’antica ricetta a base di zolfo, per combattere una malattia sempre più diffusa e che non sempre risponde ai principi attivi in uso. “Sta funzionando pressoché nella totalità dei casi fin qui trattati, senza effetti collaterali significativi”, sottolineano gli specialisti guidati da Cesare Filippeschi, dermatologo.
Lo studio. I risultati preliminari dello studio – tuttora in corso – sono appena stati pubblicati in una lettera all’editore sulla rivista ‘International Journal of Dermatology’. Negli ultimi anni i casi di scabbia sono molto aumentati, complice la ripresa degli spostamenti internazionali e – non si esclude – anche una certa resistenza maturata dall’acaro responsabile della malattia. “Tradizionalmente per curare la scabbia si utilizza la permetrina, e negli ultimi anni è stata inserita in seconda linea l’ivermectina per via orale: ma la nostra esperienza clinica ci ha dimostrato che spesso non bastava più – racconta Filippeschi – Di qui, dialogando con i colleghi del Bambino Gesù, alla luce della loro esperienza decennale con l’uso della molecola in modo efficace e sicuro, è nata l’intuizione di trattare i pazienti affetti con un preparato allo zolfo al 17% di concentrazione, però basato su un “veicolo gentile”, una crema emolliente e non irritante quindi”.
Al Meyer è stato messo a punto anche un protocollo di somministrazione nuovo: “La crema si applica la sera e poi per tre giorni la si tiene applicata, senza lavaggi, in modo da creare una ‘barriera’ occlusiva di zolfo e poi si ripete il trattamento (rigorosamente su tutta la famiglia e sui conviventi), la settimana successiva. I risultati – prosegue l’Irccs – sono molto incoraggianti: nello studio sono stati arruolati 22 pazienti, ma quelli effettivamente curati con successo con la nuova terapia sono molti di più e al Meyer questa è diventata la terapia d’elezione per la scabbia”. “Questa scoperta sta suscitando interesse da parte di altri centri nazionali e internazionali. Peraltro si tratta di un preparato galenico che ha un costo ridotto rispetto alle altre terapie in commercio, e che una volta di più ci ricorda come a volte riscoprendo molecole ‘vecchie’ sia possibile mettere a punto terapie efficaci: pensiamo che dall’inizio del secolo scorso e fino agli anni 90 per bonificare le stanze dei malati di scabbia venivano usati i fumi dei fiori di zolfo bruciati!”, conclude Filippeschi.