Assistere alla nascita della nuova giunta amministrativa di
una città dovrebbe essere come assistere allo spuntare di
un nuova pianta che si sviluppa dalla vecchia e ne succhia
in parte la ormai consunta vitalità. Ne riceve le pecche, trae
una parte di afflato di vita da una storia antica. Se questo è
vero per tutti i centri urbani, lo è ancor più per Firenze, dove
la storia ha trovato il nido giusto per secoli di sviluppo.E poi?
di Umberto Cecchi
Questa è la domanda chiave: e poi? Guardo la ricchezza
culturale che i secoli hanno lascito lungo le vecchie strade
della città, coi marciapiedi sconnessi e il macadam o il
selciato, non hanno più storia. Quante giunte sono nate
anno dopo anno, incapaci di correggere i vecchi errori, le
colpevoli dimenticanze? Firenze, la Firenze che scrittori e
poeti hanno cantato nei secoli, ha perduto non solo lo
smalto ma soprattutto, con lo smalto son scomparse le
idee, la classe politica, che una volta, dal ‘Il Principe’ in poi
era maestra nel paese e che oggi non esiste più.
L’ultimo che se n’è andato è Spadolini spegnendo una
stirpe di personaggi di primo piano. Il resto è resto di
niente.
Fra queste mura c’erano case editrici che ci hanno
tramandato le grandi firme dell’Otto e del primo
Novecento: una litania di centri di cultura dove i nostri
scrittori avevano trovato asilo. Oggi son finiti scrittori ed
editori se si fa eccezione per autori di libri gialli. Neppure di
Thriller, ma solo di gialli in serie come da libretto di
istruzioni e che è quanto vogliono i lettori. Certo lo so, ci ho
provato anch’io, una volta, a scrivere un thriller, avevo
giocato e avevo destato l’attenzione del leggendario ‘Le
monde’, che scrisse lodi del un mio libro, presentato
dall’editore francese come l’opera di ‘un italian enfant
prodige et terrible du suspense, renouvelle de tout son
talent, le genre du thriller’. Ma è Parigi, non Firenze. In Italia
era stato edito a Milano.
Purtroppo non mi piace scrivere thriller o andar in giro per
l’Italia del nord, a piazzare i miei libri, tra romanzi e verità
che mi diverto a scrivere. E come me sono in molti, in città
che cercano di raccontare qualcosa e una volta scritta se la
tengono in un cassetto. L’editore, se si può chiamare tale
uno stampatore, vuole essere pagato e soprattutto non
distribuisce l’opera. Oggi ‘Cronache di poveri amanti’
sarebbe defunto in Borgo la Croce.
Ma mi vergogno d’aver finito per parlare di me. E’ delle
vecchie e morte case editrici di libri e riviste che hanno
tracciato la strada per la cultura contemporanea, prima che
il tutto venisse fagocitato dal nord. Alcuni anni fa, fui
contattato per la rinascita della casa editrice ‘Vallecchi’. Ma
all’improvviso tutto sparì con il coronavirus che
imperversava.
Avevo cominciato parlando giunta. E con la giunta vorrei
concludere: c’è fra i non politici doc che la compongono,
un qualcuno che sa che un libro è portatore di cultura, ma
anche di economia e di propaganda per la città che lo tiene
a balia, e che forse sarebbe interessante cominciare a
riparlare anche d’ industria del libro?
State tranquilli, non lo farò mai più. La prossima volta
parlerò della inciviltà delle amministrazioni che si sono
succedute lasciando imputridire uno dei più bei doni che gli
antichi Signori di Firenze hanno regalato alla città, assieme
a tanti altri tesori inestimabili. E parlando di libri vorrei
ricordare che un fiorentino dei tempi antichi, traversò tutta
l’Europa per recupere un’opera latina eccezionale perduta,
il ‘ De rerum Naturae’ e dar vita all’Umanesimo, a stamperie
e a collezioni di libri uniche. Ne ricordate il nome?