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‘Dipingere senza regole’, a Palazzo Strozzi arriva Helen Frankenthaler che sperimenta giocando con i colori

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di Elisabetta Failla

Dal 27 settembre 2024 al 26 gennaio 2025, la Fondazione Palazzo Strozzi presenta Helen Frankenthaler. Dipingere senza regole, grande mostra che celebra una delle artiste più importanti del XX secolo, la cui rivoluzionaria ricerca nella pittura è esplorata attraverso opere della sua produzione tra il 1953 e il 2002 in dialogo con dipinti e sculture di artisti contemporanei, tra cui Jackson Pollock, Morris Louis, Robert Motherwell, Kenneth Noland, Mark Rothko, David Smith, Anthony Caro e Anne Truitt.

Organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi e dalla Helen Frankenthaler Foundation, creata dalla stessa artista e attiva dal 2013 ovvero due anni dopo la sua morte, e curata da Douglas Dreishpoon, Direttore dell’Helen Frankenthaler Catalogue Raisonné, l’esposizione mira a esaltare la pratica innovativa di questa artista.  anche attraverso il filtro delle affinità, delle influenze e amicizie che hanno segnato la sua vita personale e creativa.

Attraverso grandi tele e sculture di Frankenthaler e numerose opere di altri artisti, questa è una delle più importanti rassegne mai dedicate all’artista in Europa e la più completa rassegna del suo lavoro finora realizzata in Italia, con prestiti – oltre che dalla Helen Frankenthaler Foundation di New York – da celebri musei e collezioni internazionali quali il Metropolitan Museum of Art di New York, la Tate Modern di Londra, il Buffalo AKG Art Museum, la National Gallery of Art di Washington, la ASOM Collection e la Collezione Levett.

La tecnica innovativa di Helen Frankenthaler, chiamata soak-stain (imbibizione a macchia), ha infatti segnato in modo indelebile l’evoluzione della pittura moderna, grazie ad una nuova relazione tra colore, spazio e forma. La tecnica prevedeva infatti l’applicazione di vernice diluita distesa orizzontalmente su tele non trattate, creando effetti simili a quelli dell’acquerello, ma su larga scala e con colori a olio. L’artista applicava la vernice con pennelli o spugne, o direttamente da secchi, lasciando che si espandesse e si mescolasse in modo naturale, creando interazioni cromatiche uniche, segnate da transizioni sfumate e sovrapposizioni traslucide. Una tecnica che è stata ispirata sia dai grandi Maestri della Storia dell’arte come Goya, Rembrandt e Tiziano ma anche quelli più moderni come Matisse, oltre ai suoi contemporanei.

Le 32 opere in mostra fanno conoscere al visitatore un’artista che ha sfidato le convenzioni e allargato i confini della pittura con una visione audace e intuitiva che ha infranto le norme tradizionali. Frankenthaler si distingue, infatti, per una capacità unica di combinare astrazione e poesia, tecnica e immaginazione, controllo e improvvisazione, espandendo la sua pratica al di là dei canoni stabiliti, alla ricerca di una nuova libertà nella pittura.

“Siamo entusiasti di presentare l’opera di Helen Frankenthaler in una grande mostra senza precedenti in Italia, permettendo al pubblico di scoprire un’artista fondamentale del XX secolo. – ha affermato Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi – Con la sua ricerca innovativa, Frankenthaler è stata una pionieranel campo della pittura astratta, ampliandone le potenzialità in un modo che continua a ispirare ancora oggi nuove generazioni di artisti”.

“La dedizione di Helen Frankenthaler alla pittura è stata arricchita dalle sue amicizie con gli artisti, alcuni dei quali sono diventati parte della sua famiglia allargata – ha spiegato il curatore Douglas Dreishpoon – La cerchia di Frankenthaler ha rappresentato un ecosistema di forze creative in continuo movimento: osservare il loro lavoro in stretta connessione ci consente di comprendere meglio le innovazioni di Frankenthaler stessa.

Il confronto con le opere di altri artisti contemporanei nasce dal fatto che Helen Frankenthaler si è sempre circondata di artisti, che ha ospitato spesso nella sua casa di New York, che condividevano con le la voglia di sperimentare nuove idee e tecniche. Alcuni erano diventati anche suoi amici amici con cui ha partecipato a studio visit, scambiando intense corrispondenze e confronti di opinioni, oltre a collezionarne le opere, che esponeva nella sua casa di Manhattan.

Organizzata cronologicamente, l’esposizione ripercorre lo sviluppo della pratica creativa di Frankenthaler con ogni sala dedicata a un decennio della sua produzione dagli anni ’50 ai primi anni Duemila. Le sue innovazioni artistiche, accostate a dipinti, sculture e opere su carta di artisti a lei contemporanei, permettono di mettere in luce le sinergie e le affinità tra questi autori. La mostra mette così in scena la consolidata influenza di Jackson Pollock su Frankenthaler negli anni Cinquanta, con Number 14 (1951), un dipinto in bianco e nero a confronto con Mediterranean Thoughts di Frankenthaler (1960), un colorato lavoro a olio che presenta analoghi “elementi di realismo astratto o di Surrealismo”, frase che Frankenthaler usò per descrivere l’opera di Pollock dopo averla vista di persona la prima volta. Tutti-Frutti (1966), un dipinto a soak-stain di nuvole colorate fluttuanti, trova un analogo tridimensionale in Untitled (1964), scultura in acciaio dipinto di David Smith, composta da forme geometriche impilate l’una sull’altra, appoggiate su quattro piccole ruote. Heart of London Map (1972), un assemblaggio in acciaio, si pone a confronto invece con Ascending the Stairs di Anthony Caro (1979-1983), nella sua costruzione pezzo per pezzo. Nel percorso della mostra le opere degli anni Ottanta, Novanta e Duemila sono la testimonianza di un’artista che non ha mai smesso di infrangere le regole per esplorare nuovi modi di fare arte.