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Cancro ovaio, oncologa Artioli: “Storia Bianca Balti può aiutare tante donne”

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(Adnkronos) – “La testimonianza di Bianca Balti”, la top model che poche settimane fa ha annunciato su Instagram “di avere un tumore alle ovaie al terzo stadio sicuramente può aiutare tante donne. Purtroppo, negli ambulatori del Ca’ Foncello di Treviso vediamo pazienti con tumori ereditari di cui non riferiscono in famiglia perché con genitori, sorelle e fratelli non hanno più alcuni tipo di rapporto da anni. Quindi non c’è comunicazione, e questo limita tantissimo la prevenzione”. Lo ha detto Grazia Artioli, oncologo medico Uos Oncologia Ginecologia, ospedale Ca’ Foncello di Treviso, intervendo oggi all’incontro promosso da Acto Ets, “Tumore ovarico in Veneto: cambiamo rotta”, sull’importanza della personalizzazione della cura e dei test genetici per la prevenzione dei tumori eredo-familiari che si è tenuto a Silea (Treviso).  

Al Ca’ Foncello “dal 2023 abbiamo messo in atto un percorso per donne e uomini sani affetti da mutazioni ai geni Brca1 e Brca2” ribattezzati ‘geni Jolie’ dopo la scelta dell’attrice americana di sottoporsi a chirurgia preventiva per abbattere il rischio di cancro associato. “Una volta riscontrata la mutazione – spiega Artioli – il paziente viene sottoposto a una consulenza genetica. Il genetista quindi segnala la persona che viene poi accolta in un ambulatorio dove incontrerà oncologo, ginecologo e senologo. Tra le opzioni che vengono proposte, ci sono l’intervento chirurgico per un trattamento profilattico, cioè viene tolto un organo sano prima che si ammali. Per le donne si tratta dell’asportazione delle mammelle o delle tube e delle ovaie. Per gli uomini non c’è una chirurgia profilattica”. Oppure “possono aderire a un protocollo di sorveglianza che prevede l’ecografia transvaginale con il dosaggio del marcatore tumorale ogni sei mesi e mammografie, ecografie, risonanze magnetiche al seno anche queste a cadenza semestrale”. 

“A volte capita che le donne sane appunto inizialmente aderiscano a un percorso di sorveglianza e poi negli anni maturino la consapevolezza di sottoporsi a un trattamento chirurgico. Attualmente – ha ricordato – dal 2023 abbiamo accolto circa 40 soggetti e siamo a buon punto. Sicuramente questi numeri possono solo aumentare nel tempo”. Sul fronte delle terapie del tumore ovarico in fase avanzato, “oggi possiamo dire che la ricerca aiuta tantissimo, abbiamo a disposizione anche i parp-inibitori” – ha poi concluso l’oncologa – indicati come trattamento di mantenimento”.