Le valutazioni del tribunale di Firenze sulla vicenda dell’urbanizzazione dell’area fiorentina di Castello sono frutto di un ”esame parziale, superficiale ed atomistico”, talvolta di una ”lettura fuorviata”, del ”complesso materiale probatorio”, in particolate delle intercettazioni. E’ quanto scrivono i pm di Firenze nella richiesta di appello per il processo concluso con le assoluzioni dall’accusa di corruzione e la condanna ad un anno di reclusione, per abuso d’ufficio e turbativa d’asta, dell’ex assessore comunale aFirenze Gianni Biagi. Fra gli imputati c’erano anche l’ex patron di Fondiaria Sai, all’epoca proprietaria dell’area, Salvatore Ligresti, i suoi collaboratori Fausto Rapisarda e Gualtiero Giombini, l’ex assessore Graziano Cioni e l’architetto Marco Casamonti. Secondo i pm Gianni Tei, Giuseppina Mione e il procuratore Giuseppe Quattrocchi, nelle intercettazioni e’ ”fotografato il patto corruttivo stipulato dall’imputato Biagi con i referenti del gruppo Ligresti: Biagi si e’ impegnato al rilascio immediato delle concessioni” ma ”ha chiesto e ottenuto anche che siano coinvolti altri professionisti che non saranno scelti dal Giombini ma dallo stesso Biagi e cio’ nonostante che a Giombini gli architetti non manchino affatto”. Dalle intercettazioni, proseguono i pm, emerge pure che l’ex assessore Cioni ”si e’ attivato per agevolare i rapporti tra la parte privata e l’allora presidente della Provincia Renzi, allorche’ l’interesse del gruppo Ligresti era quello di portare la sede della Provincia a Castello” anche se, viene spiegato, ”occorre evidenziare che, in effetti, non e’ mai stato raggiunto un qualunque definitivo (ma neppure preliminare) accordo tra Regione e Provincia ed il gruppo Ligresti”.