In Italia stiamo inaugurando una sorta di confusa democrazia presidenziale. Con un Presidente che sta lì perché gli è stato chiesto di restare, in attesa che il governo paghi i debiti all’Europa. E lui che ne aveva già fatto uno di governi, che i debiti li pagava solo alle banche strangolando gli italiani, era rimasto. Ma ora, forte del suo ‘sacrificio’, minaccia di andarsene se il Governo in carica precaria com’è, anzi, secondo alcuni senza più carica alcuna, non resta lì com’è e dov’è. Cioè come e dove Lui lo ha voluto.
Formula strana: sarebbe stato meglio se il Presidente avesse minacciato di andarsene se il governo non comincia a lavorare davvero, non delirando su tasse esose insostenibili, sullo ius solis o le unioni di fatto, ma cominciando a risparmiare: dal Quirinale fino a circolo del tennis di Montecitorio. In una Roma istituzionale dove il risparmio più grande è stato quello di non fare l’agenda per i parlamentari.
Renzi dal Nazareno – una volta sede degli Scolopi – avverte che i lavori del parlamento ora li gestisce lui (?); il Presidente, dal Colle – una volta sede di monarchi – minaccia di andarsene se non si fa come vuol lui, introducendo un presidenzialismo di fatto.
Ma se ben ricordo la democrazia non è il vecchio centralismo democratico comunista, delizia e forza di Togliatti: è un congegno delicato molto antico e molto moderno. E noi, mi pare, la stiamo maneggiando davvero con gran disinvoltura. Sia i vecchi politici che i giovani virgulti. Niente di nuovo sotto il sole.
Fuori degli assurdi schemi del momento ci sono i ‘forconi’ che la democrazia vogliono disfarla, assieme ai soliti studenti. E stando come stanno le cose mi meraviglio che ‘forconi’ e studenti si siano mossi solo ora.
Umberto Cecchi