Sotto natale mi è arrivata una lettera da Montecitorio: gentile onorevole, diceva, quest’anno abbiamo deciso di dare un taglio alle spese: non faremo l’agenda. Mi ha divertito questa cultura italiana di far sapere che si fa una cosa (risparmiare) senza farla. Lo stesso è per le Province: una campagna logorante e oziosa che ora le annulla, poi ci ripensa, quindi le riannulla, e così via. In nome del risparmio. Che sarà relativo, perché le spese annullate passeranno ad altri enti. Come, per esempio, le Regioni. Insomma: che tutto cambi perché tutto resti uguale.
Sono anni che dico che la vera riforma per risparmiare sarebbe annullare le regioni. Ammettere che si è sbagliato, a suo tempo, illudendoci che il decentramento avrebbe liquidato la burocrazia, snellito i tempi, facilitato la legislazione, aiutato i localismi. I fatti sono sul tavolo: le Regioni hanno portato spese folli, Doppie, spesso.
E doppie leggi, talvolta in contraddizione con le romane. O comunque farraginose. Ci hanno regalato parlamentini quasi inutili burocratici e costosi ( anche per spese personali esose di molti eletti). E una sanità che ci ha sfiancati, e una cultura ignorata, e un mondo del lavoro annegato nel disinteresse e nella burocrazia. Incentivi europei perduti per ritardi e cattiva informazione delle regioni stesse.
E ora l’ennesimo errore dei riformatori. Invece delle Province dovremmo chiudere le Regioni. Pleonastiche, care. Un lusso che non possiamo permetterci.