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Museo Pecci: la cacciata di Sgarbi così fatta non è contro l'arte ma contro l'etica

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SgarbiDevo dire la verità: quest’ultima ‘sgarbata’ Prato se la poteva anche evitare. Questa città spesso così povera di  idee, di personaggi di spicco nel mondo della cultura – i pochi che ci sono vengon guardati come bagatti al mercato – avrebbe potuto, una volta tanto, muoversi pensando a se stessa. Non con autoreferenzialità da ‘ragazzo lasciami lavorare che sono ‘il meglio’’, come accade da sempre,  ma  con la voglia di creare una alternativa al vuoto penoso che ha dentro.
Non so se qualcuno ha proposto a Sgarbi il ruolo di direttore del museo Pecci,  ma il fatto è che si è candidato assieme ad altri ed è sciocco strapparsi i capelli dalla disperazione. Credo che il consiglio di amministrazione, che a dire il vero in vent’anni è riuscito nel record di fare del solo museo d’arte contemporanea del centro Italia  una cosa per pochi intimi, con scarsi visitatori, e totalmente avulso dalla città – cosa che il suo intelligente fondatore Enrico Pecci non avrebbe mai desiderato, perché come diceva sempre doveva essere ‘una struttura per la città, ma non solo per quella’ –  credo, dicevo che dovrà puntare a una svolta radicale: arrivare almeno all’altezza di Rovereto, museo che mi sembra sia stato ideato da Sgarbi stesso, sperduto lassù fra i monti e fiumi, ma ricco di visitatori e di grandi mostre.
Spetta al consiglio esaminare i candidati, non affidare ad altri una sorta di prescelta scanzafastidi. Sarebbe come se il consiglio d’amministrazione del Teatro Metastasio, prima di affidare una regia a Peter Stain lo facesse giudicare da una sottocommissione, non fidandosi del proprio giudizio. Sbagliato. Anche in una  città veteroprovinciale come la nostra. Asserragliata in una cintura a difesa degli altri che sono fuori: oi barbaroi come dicevano i greci. E quando, uno dei barbaroi arriva, spesso lo si caccia perché turba gli equilibri. O campa lo spazio di una stagione.
Non voglio dare giudizi di merito artistico ma di procedura, che mi è parsa pessima. Non difendo la candidatura Sgarbi al Pecci, a me questo jinn dell’arte italiana sarebbe piaciuto molto di più al museo civico appena inaugurato. Credo però che lo snobismo pseudoculturale, la chiusura, in arte come in tutto il resto, sia il consigliere peggiore, e la chiusura mentale lo sia ancora più. E’ indubbio che il personaggio sia difficile, ma è altrettanto indubbio che sia uno dei nostri uomini di maggior conoscenza nel campo della arti visive: è stato trattato come un ragazzotto sventato che abbia bussato alla porta sbagliata dove un pugnello di Soloni erano lì a meditare. Possibile che nessuno in questa Prato che cerca di rifondarsi sia capace di fare un’autocritica, capace di capire che la cultura non ce la costruiamo nella testa solo parlucchiando delpiù e del meno, guardando con aria d’intesa un quadro appeso a un muro o una statua in  piazza, o magari facendo con aruia impegnata un salto nei musei sparsi qua e la? Così facendo si fa solo la geografia dell’arte. Il resto si crea leggendo, pensando, discutendo con chi la pensa diversamente, riflettendo, facendo paragoni con il resto del mondo, interloquendo con gli altri. Scontrandosi. Non limitandoci a un solo genere espressivo, ma confrontando, paragonando tutto ciò che attiene alla conoscenza. Non si tratta solo di cercare una riposta estetica, ma anche e soprattutto etica. Che non consiste nell’affidare ad altri quello che si deve fare in prima persona. Non dimenticare  mai perché e per chi si fa una scelta. Non per noi, ma per la comunità.
Credo, questo sì, che Sgarbi abbia creato problemi come candidato. Credo – avendo più volte girato il mondo con lui e frequentato con lui  i musei più strani, dal Giappone all’Uzbekistan fino all’Ucraina dove esistono cose che ancora nessuno ha visto, incontrando artisti e  dirigenti, scambiando pareri e discutendo con grandi critici – che l’uomo sia molto conosciuto e molto apprezzato. Ha fondato musei e li ha aiutati a crescere. Lo si può escludere certamente da Prato, tenerlo fuori dalle mura, ma va fatto con il dovuto rispetto e la consapevolezza di aver davanti uno studioso, non il ragazzo di bottega abituato a ‘far cannelli’ o metter tutto ‘al rossino’.  Tentiano di non essere provinciali fino in fondo per poi brontolare perché Firenze vuol guidare l’arte della Toscana.
Purtroppo conosco la città da troppi anni, ho visto nascere e morire mille non idee. Il suo isolamento non mi piace ma la amo e la vorrei diversa con lo sforzo di tutti. Anni e anni fa rifiutò la collezione Panza di Biumo ‘perché non si sapeva dove metterla’.
E se ogni tanto pensassimo anche,  sarebbe davvero un gran male?
Detto questo al posto di Sgarbi mi guarderei bene dall’accettare un qualsiasi incarico mi venisse offerto entro le mura. E anche subito fuori della medesime, ovviamente.
 Umberto Cecchi
 

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