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La stanza delle Muse. La collezione Francesco Molinari Pradelli agli Uffizi

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Uffizi Reali PosteAppena inaugurata alla Galleria degli Uffizi la mostra “Le stanze delle muse. Dipinti barocchi dalla collezione di Francesco Molinari Pradelli”, dove vi rimarrà esposta fino all’11 maggio,  una selezione di cento opere appartenenti alla prestigiosa collezione del celebre direttore d’orchestra bolognese ( 1911-1996).  Costruita a partire dagli anni Cinquanta, prima raccogliendo  dipinti dell’Ottocento, poi rivolgendosi alla pittura barocca  con un’attrazione del tutto originale verso la  natura morta i cui studi erano allora alle origini e documentata anche da una fitta corrispondenza epistolare dalle relazioni con gli storici dell’arte, da Roberto Longhi a Federico Zeri, da Francesco Arcangeli a Carlo Volpe, da Ferdinando Bologna a Marcel Roethlinsberger, da Erich Schleier a Giuliano Briganti e a Mina Gregori. La collezione di circa duecento quadri che nel corso del tempo rivestirono le pareti della residenza bolognese e quindi della villa a Marano di Castenaso è stata ammirata dai maggiori storici dell’arte del Novecento, europei e americani. Come la mostra documenta attraverso la selezione di cento dipinti, il maestro privilegiò rigorosamente la pittura del Seicento e del Settecento documentando le diverse scuole italiane, senza eccezione, con specifica attenzione ai bozzetti e ai modelletti. E se prevalenti sono i dipinti di figura della scuola emiliana con opere di Pietro Faccini, Mastelletta, Guido Cagnacci, Marcantonio Franceschini e soprattutto i fratelli Gandolfi e di quella napoletana con dipinti di Luca Giordano, Micco Spadaro, Francesco De Mura, Lorenzo De Caro  non mancano capolavori di artisti veneti  Palma il Giovane, Alessandro Turchi, Sebastiano Ricci, Giovanni Battista Pittoni di artisti liguri e lombardi Bernardo Strozzi, Bartolomeo Biscaino, Giulio Cesare Procaccini, Carlo Francesco Nuvolone, fra Galgario, Giuseppe Bazzani  e di artisti romani quali Gaspard Dughet, Pier Francesco Mola, Lazzaro Baldi, Paolo Monaldi.

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