Il piano paesaggistico va ripensato dalle fondamenta. “Il consiglio regionale e il presidente Rossi devono ripensarci se non vogliono un ulteriore aumento della disoccupazione” Temi che i rappresentanti dei principali consorzi vitivinicoli hanno manifestato agli assessori Salvatori e Marson consegnando documenti che dovrebbero servire a rendere “passabile” il Pit che, vorrebbe, secondo la Regione porre fine al rinnovamento dei vigneti, con problemi per la salvaguardia dell’occupazione, al mantenimento dell’orografia della Toscana che tanto piace agli stranieri. La riunione non ha sciolto le riserve anche perché depenalizzazioni su un argomento sono state reinseriti più avanti con una nuova dicitura ma con la stessa prospettiva della precedente norma.
Subito dopo è stata tenuta dai responsabili dei consorzi una conferenza stampa per fare il punto della situazione
” Riconosciamo senza esitazioni che il “nuovo” Pit contiene numerose e positive novità, soprattutto per quanto attiene l’attenzione posta sul consumo del suolo, ma per quanto riguarda gli aspetti agricoli e vitivinicoli non possiamo che ribadire il nostro negativo giudizio. _-Questa la sintesi della conferenza – Anzi, riteniamo che se fosse approvato così com’è stato proposto, questo Piano farebbe fare all’agricoltura toscana un salto indietro di decenni, producendo danni pressoché irreversibili all’economia, all’occupazione e persino all’ambiente di gran parte del territorio rurale. È noto a tutti che senza un’economia competitiva anche il territorio deperisce, venendo a mancare quelle risorse che sono indispensabili alla sua cura e manutenzione”.
Nei giorni scorsi Piano Paesaggistico è stato definito “anacronistico e sbagliato” ed ilo giudizio deglin addetti ai lavori non è cambiato.
” È anacronistico nei suoi assunti teorici e nei suoi obiettivi pratici, perché punta alla ricostituzione di un paesaggio agrario che non c’è più, superato dalla storia dell’ultimo secolo. _- continua il documento – Nel 2014 non si può seriamente pensare, come prevede in alcune parti il Piano, di ricostituire nelle nostre colline un paesaggio “agrosilvopastorale” quando l’assetto sociale che lo sorreggeva non esiste più da decenni. Per molti aspetti è un Piano che non si limita a trattare, come dovrebbe, del paesaggio e della sua tutela in un contesto dinamico, ma piuttosto si spinge ad indicare anche il tipo di economia che vi si dovrebbe praticare, senza preoccuparsi della sua praticabilità e dei suoi effetti.
È sbagliato nel suo impianto normativo, perché complesso e vasto oltre ogni ragionevole misura, nonché incoerente e contraddittorio. Chiunque lo legga si rende immediatamente conto che non esiste nessuna precisa distinzione tra ciò che è prescritto e ciò che costituisce una semplice indicazione di metodo, lasciando un enorme potere discrezionale a quei funzionari pubblici che sono chiamati ad interpretarlo. In un Paese che non riesce a risollevarsi dalla crisi anche a causa della sua burocrazia, questo Piano prefigura un indubbio appesantimento degli oneri burocratici a carico delle imprese” .
In tutto il Piano, ed in particolare nelle schede che trattano i singoli territori, la viticultura specializzata viene definita una delle criticità più rilevanti per l’assetto paesaggistico, arrivando addirittura a chiedere di prevenire “l’espansione ingiustificata della cultura viticola”.
I viticultori non sono contro il Piano perché insofferenti alle regole, sono piuttosto contro “questo” Piano, per come è stato concepito e formulato. Il paesaggio toscano è un patrimonio fondamentale per gli stessi viticultori perché rappresenta un formidabile biglietto da visita nel mondo della nostra cultura, del nostro lifestyle, dei nostri prodotti