La vicenda giudiziaria di Francesco Schettino, l’ex comandante della Costa Concordia naufragata il 13 gennaio 2012, approda davanti alla Corte d’Appello di Firenze. La prima udienza davanti ai giudici di secondo grado si terrà giovedì 28 aprile.A lla vigilia del processo d’appello, è stato predisposto un fitto calendario per il mese di maggio che prevede ben undici udienze. Nella prima udienza si procederà anche alla costituzione delle parti civili e poi prenderà la parola il giudice relatore.
Ai tre atti depositati dagli avvocati difensori, Schettino ha deciso di presentare alla Corte d’Appello una memoria di 9 pagine con i suoi “motivi personali”. Nella memoria l’ex comandante fa presente che non comparirà durante le udienze fiorentine a meno che i giudici non sentano l’esigenza di ascoltarlo direttamente. Nella stessa memoria, Schettino precisa che lui in Appello preferisce avvalersi della difesa tecnica dei suoi legali ed evitare sovraesposizioni mediatiche.
Nelle motivazioni personali consegnate alla Corte Schettino intende “offrire alla valutazione” dei giudici di appello anche il suo “tratto umano”. Al processo a Firenze, scrive l’ex comandante della Costa Concordia, cercherà “di essere presente il meno possibile”; e questo perchè la sua “presenza fisica fin dal principio” al processo di Grosseto è stata “pregiudizialmente mal interpretata ricalcando un copione che non è in linea con la mia persona e soprattutto con la mia indole”.
Nelle oltre 500 pagine di motivazioni della sentenza di primo grado, i giudici imputano a Schettino che i 32 morti si sarebbero potuti evitare se l’emergenza fosse stata gestita nel rispetto delle attività previste dalla normativa e dalle procedure aziendali.
“Nel momento in cui l’imputato lasciava definitivamente la Concordia”, scrivono i giudici nella sentenza di primo grado, “la situazione era tale da rendere impossibile o comunque difficile” per i passeggeri ancora a bordo trovare la salvezza. Inoltre, aggiungono i giudici, quando Schettino saltò sulla scialuppa, decise di restare all’oscuro della sorte di oltre 2mila persone e accettò il rischio di lasciarle in balia degli eventi. Secondo i magistrati il cosiddetto inchino davanti al Giglio fu una scelta “criminale”. Infine nella sentenza si sottolinea che la Concordia era perfettamente conforme per affrontare un’emergenza.
Il Tribunale di Grosseto ha inflitto a Schettino 5 anni per il reato di disastro colposo, 10 anni per gli omicidi plurimi colposi e 1 anno per il reato di abbandono di persone minori o incapaci, per un totale di 16 anni di reclusione. Non ha invece riconosciuto, come richiesto dalla pubblica accusa, l’aggravante del naufragio colposo e neppure l’aggravante della colpa cosciente per gli omicidi plurimi colposi. I giudici hanno anche interdetto in perpetuo Schettino dalla possibilità di ricoprire pubblici uffici.
Gli atti del processo comprendono circa 55.000 pagine. Su tutto ciò tra pochi giorni la parola passa alla Corte d’Appello di Firenze.