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Boom di afflussi ai Pronto Soccorso: Ipasvi Firenze: serve programmazione e personale

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«Basta soluzioni ‘cosmetiche’: per dare risposte ai problemi dei Pronto Soccorso Dea di Firenze e provincia servono più personale e organizzazione». Questa la posizione del Collegio Ipasvi di Firenze (che riunisce infermieri, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia) di fronte alla situazione di caos che si è creata in questi giorni nei Pronto Soccorso, a seguito del picco influenzale.
Secondo i dati raccolti in queste settimane da Ipasvi, al Pronto Soccorso di Torregalli si è passati da una media di 110 pazienti al giorno a picchi di 160-170 persone, con attese di 6-8 ore per i codici verdi, 4-6 ore per gli azzurri e 1 ora per i gialli. Stabile Careggi, con circa 300 afflussi medi al giorno, mentre a Ponte a Niccheri si è passati da 100 utenti giornalieri di media a picchi di 120/130 persone al giorno. Infine al Pronto Soccorso dell’ospedale di Empoli, che gestisce normalmente 170 persone, sono arrivati anche 260 pazienti in una sola giornata. Ma al di là dei numeri, le difficoltà sono moltissime in tutti gli ospedali citati, nessuno escluso.
«Da Empoli a Careggi, da Torregalli a Ponte a Niccheri il problema vero è uno ed è di tipo organizzativo – spiega Roberto Romano, referente area emergenze del Collegio Ipasvi di Firenze –. I Pronto Soccorso devono gestire l’emergenza, ma non possono vivere in emergenza. La prima azione da mettere in campo riguarda i posti letto, che negli ultimi anni sono stati tagliati, insieme al personale, senza una vera riorganizzazione dei servizi territoriali. Bisogna agire rendendo più efficaci i sistemi di assistenza più prossimi al cittadino come la medicina di base, ma anche istituendo figure nuove come l’infermiere di comunità e di famiglia. Risposte burocratiche come quella attivata nei Dea per ‘accorciare’ le liste di attesa, prendendo formalmente subito in carico il paziente, con l’apertura di una scheda a lui dedicata, ma poi lasciandolo nuovamente aspettare ore prima di avere risposte vere, sono solo prese di giro che non danno risposte ai cittadini e, anzi, creano un quadro falsato della situazione».
«Oggi, per come è organizzata la sanità, le persone non trovano sul territorio risposte adeguate – spiega il presidente del Collegio Ipasvi di Firenze, Danilo Massai – e vanno al Pronto Soccorso per qualunque esigenza: dai problemi tossicologici a peggioramenti legati a patologie croniche, fino alla febbre notturna. I dati ci dimostrano che solo il 15% dei soggetti che si rivolgono al Pronto Soccorso viene ricoverata: questo significa che del restante 85% almeno il 50% avrebbe potuto trovare risposte in strutture territoriali adeguate, senza ingolfare un servizio che deve essere operativo sulle vere emergenze. Il 10% dei ricoveri sono poi ripetuti, in quanto la dimissione risulta essere frettolosa o inappropriata, soprattutto nei casi in cui si hanno patologie multiple e il cittadino non trova, alla dimissione, una struttura territoriale che lo prende in carico. Ecco l’importanza di avere un infermiere dedicato alla famiglia e alla comunità».
«Gli interventi pensati e presentati in questi giorni dai vertici della Usl Centro Toscana per far fronte al super afflusso di cittadini nei Pronto Soccorso Dea sono sconcertanti – commenta il presidente Massai – Si arriva a pensare di togliere posti in chirurgia per destinarli alla medicina generale, con il rischio di aggravare ancor più la situazione e di lasciare in lista d’attesa persone che hanno interventi chirurgici già programmati. La necessità di potenziare il personale era prevedibile da tempo, visto che si aspettava un massiccio coinvolgimento della cittadinanza nell’epidemia influenzale. Infermieri, medici e personale di supporto normalmente sotto pressione, hanno in questi giorni carichi di lavoro ulteriormente aggravati. Una situazione che pare non preoccupi la dirigenza Usl centro toscana che prevede potenziamenti soltanto per i medici, nonostante le carenze drammatiche di infermieri. Occorre agire con la massima urgenza dando risposte concrete in considerazione del clima di rischio per errori e del disagio per i cittadini».

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