La necessità di fare rete, di investire nella formazione, di rispondere a bisogni di relazione oltre che infermieristici. Sono questi i temi principali emersi dalla tavola rotonda “I bisogni emotivi che non scompaiono”, che si è tenuta lo scorso 17 febbraio alle Murate di Firenze. L’appuntamento è stato l’evento conclusivo dei workshop condotti da Alessandra Schiavoni che hanno accompagnato la mostra “La vita prima” di Emiliano Cribari promossa dal Collegio Ipasvi di Firenze in sinergia con Le Murate progetti arte contemporanea: un’occasione per tirare le fila di questa esperienza che ha visto al centro un’indagine sui bisogni dei pazienti.
«Non c’è tentativo di empatia se non riesce a fare qualcosa di diverso: immaginarsi nei panni di chi abbiamo davanti. Tutti dobbiamo fare uno sforzo perché le persone anziane vivano sì i loro ricordi ma non restino prigioniere del passato: ogni giorno va riempito con stimoli nuovi». La tavola rotonda si è aperta così, con l’intervento di Mariaflora Succu, dirigente infermieristico libero professionista che ha fatto da moderatore agli interventi degli altri partecipanti: Barbara Trambusti, dirigente responsabile di area socio sanitaria, Daniele Raspini dirigente della RSA Martelli, Laura Petrioli direttrice della RSA l’Uliveto, Lina Callupe di Cittadinanza Attiva, Cecilia Pollini vicepresidente del Collegio IPASVI di Firenze, Corinna Pugi infermiera consigliere Q 4 Firenze e Alessandra Schiavoni psicologa psicoterapeuta.
Il momento di confronto ha visto anche la testimonianza della signora Laura, che per un periodo ha vissuto all’interno di una Rsa e che ha sottolineato l’importanza della sensibilità e umanità degli operatori: «Per la mia esperienza – ha detto la signora – dal punto di vista umano l’RSA è stata un arricchimento, è tanto quello che ti dà».
Argomento di dibattito la necessità di investire nella formazione del personale e nel “bello”, perché ha sottolineato Schiavoni: «bisogna comprendere l’importanza di avere oggetti che ci fanno sentire più in casa nostra. La RSA è la casa degli anziani più che degli infermieri e ognuno dovrebbe avere la possibilità di ricavarsi il proprio “pezzo”. La risorsa della RSA è nella socialità, nei legami che si creano con gli altri ospiti».
Sul tema della formazione, la dottoressa Pollini ha evidenziato la necessità che questa sia un momento di scambio tra professionisti: «è necessario lavorare in equipe per rispondere non solo a bisogni assistenziali e infermieristici ma anche di relazione, promuovere l’incontro tra professionisti diversi che forniscano gli strumenti per cogliere i bisogni inespressi».
Un tema che è ritornato anche nel momento dedicato alla riflessione sull’impatto emotivo che può avere la quotidianità nella RSA su uno studente neolaureato. «Il rischio dei neolaureati è il burnout – ha detto Schiavoni – per questo è molto importante la formazione sui temi emotivi: se non si insegna ai ragazzi come gestire le emozioni non li si mette in condizione di lavorare serenamente». «La formazione deve essere a 360° – ha aggiunto Callupe – è importante educare alla comunicazione e alla relazione con i pazienti». «La multidisciplinarità è l’aspetto più critico della nostra organizzazione – ha detto Raspini -. Si può parlare di formazione e multidisciplinarietà ma servono anche esperienze che consolidino i rapporti fra le persone, che creino armonia».
«Il problema delle RSA – ha aggiunto Trambusti – è dato dalla non conoscenza, dallo scarso interesse nei confronti di queste strutture, spesso considerate l’ultimo scalino. Per farle crescere bisogna renderle più appetibili, farle conoscere di più. Ma questa è una cosa che dovrebbe avvenire a monte, già quando siamo in formazione. È già stato attivato un progetto con il Centro criticità relazionali per far nascere una relazione dove prima non c’era ma si tratta di un progetto lungo, per il quale dobbiamo continuare a lavorare».
«Quello che emerge – ha detto invece Pugi – è una parola: rete. Le risorse economiche sono sempre meno e la Regione Toscana si trova a fare delle scelte ma c’è anche integrazione fra pubblico, privato accreditato, privato puro. Bisogna trovare la giusta misura per far sì che tutti i vari attori dialoghino avendo come punto di partenza la persona. Prima della RSA ci dovrebbero essere passaggi intermedi territoriali che ora spesso non si considerano perché manca il dialogo tra assistenza sociale, medici, attività di volontariato sociale; per questo spesso si è costretti a ricorrere all’istituto».
Si è parlato anche di contenzione, in relazione al delicato equilibrio fra libertà personale e sicurezza dei pazienti, riallacciandosi alla necessità di educare alla relazione. E ancora i progetti delle RSA con le scuole: «per gli anziani – ha detto Schiavoni – giocare come i bambini è positivo. Si crea un clima di compensazione e scambio, anziani e bambini imparano l’uno dall’altro, soprattutto quando c’è una continuità. Gli anziani più sono creativi più riescono a conservare la loro vitalità».