di Umberto Cecchi
E se Gilda, perdio, uccidesse Sparafucile o il conte di Luna con una scarica di tromboncino da viaggio ben piazzata? Il femminismo da spaccio rionale trionferebbe? Sarebbe salvo? E il melodramma finirebbe finalmente nel contenitore dell’indifferenziato? Spazzatura.
Se è questo l’intento del regista della Carmen di Bizet, che ha armato la mano della sventurata sigaraia facendola ergere a giustiziera di tutte le donne angariate, potrei anche starci: accetterei la violenza brutale fatta al testo e consumata sul palcoscenico del Comunale. Purtroppo non è così: l’unica violenza è stata fatta all’opera. Inutilmente.
Niente di male, percarità, al nostro tempo, specialmente se si tratta di cultura si può violentare maramaldescamente tutto quello che si vuole e passare per geni. E si può anche processare Tosca, infamandola perché uccide il povero Scarpia che vuol fucilarle l’amante. Un certo Mario maschiaccio di suburra che scrive poesie e la tradisce con opere, pensiero e omissioni scrivendo poemi. La trascura, il villano, per la cultura, ignominiosamente, tuttavia lei, femmina irresponsabile, lo vuol salvare a tutti i costi. Ciò detto credo fermamente che operazioni deformanti e ruffianesche come queste, a guadagnarci ci sia solo una incistita ignoranza di fondo. Si vuol creare qualcosa che avvalori e rafforzi la critica al maltrattamento delle donne? Bene, lo si faccia creando davvero qualcosa di nuovo, sudandolo sulle carte e sullo spartito, non stravolgendo il lavoro altrui.
Questo vale per il melodramma, il romanzo, la poesia e quant’altro. Mettersi a lavorare, a pensare, a lambiccarsi il cervello non a fare il saltabanco delle trame già consolidate. Affidare al dibattito un pensiero originale non uno stupro fatto al pensiero altrui, che poterà la discussione non certo su analisi legate al ruolo della femmina in questo mondo maschilista, che vede il maschio sempre più rincoglionito e per questo anche più violento. In ogni modo, vorrei rassicurare l’artefice della variante della ‘Carmen’: nessuno lo denuncerà per aver plagiato un passaggio dell’opera usandolo in modo diverso da quello che voleva il suo autore, lo pregheremmo solo di risparmiarci altre inutili sorprese su vecchi testi consolidati: Ne scriva di nuovi se può o se sa.
Un consiglio al sindaco Nardella che a me piace molto quando suona il violino, meno quando distribuisce qua e lò le chiavi della città. Una volta le c bhiavi non si davano al rimo vnuto anche se questo è un personaggio della Tv anche se non il numero uno. Eviti di permettere stravolgimenti inutili in qualità di presidente del Comunale, ma soprattutto eviti di spiegarceli come una vittoria del pensiero moderno. Mi direte, vorresti censurare il sindaco? Affatto vorrei evitargli scivolate culturali, come mettere in Piazza Signoria il corpomostro immane che uccide la bellezza che lo circonda, e vorrei evitare anche di far la figura di chi permette censure. Sul palcoscenico del Maggio, infatti, si è censurato l’opera di Bizet senza possibilità di difesa: non dico che si è peggiorata o migliorata un’opera d’arte, dico solo che la si è censurata. Non era così: Bizet non l’aveva immaginata come un happening trasformabile di volta in volta, e certo non la voleva così. Né per motivi anagrafici, può difendersi e spiegare, come invece fa il Sindaco. Quando Giordano Bruno fu portato al rogo gli fu messa una mordacchia perché non gridasse il suo pensiero. Si è fatta la stessa cosa con Bizet. Non è – forse- un reato – ma una inutile mascalzonata culturale lo è di certo.
Non basta: il finale originale era un atto d’accusa ben più feroce contro il maschilismo. Il bieco torturatore uccide ma per questo sarà giudicato. Carmen uccide e non andrà certo libera: finirà in galera. Nessuna scusante né redenzione. La Spagna non era tenera con le donne e ancor meno con le assassine.
Credo che Firenze per storia e per cultura, abbia diritto a un rispetto maggiore. Evitiamo che venga portata a giro per il mondo sputtanata e impoverita come sta accadendo in questo caso.
Come ho avuto occasione di dire alla vicesindaco di Firenze, la cosa non scandalizza. Infastidisce. Puzza di fiacca intellettuale. Di goliardia più che di creatività genuina. Se si vuol esprimere un concetto lo si esprima non distorcendo il lavoro di altri. Che, volere o no è una forma spudorata di censura immeritata.
Che direste se uno buttasse là, da un tavolo delle ‘Giubbe Rosse’, come simbolo maschilista versi come
Balaustrata di nebbia
per appoggiare stasera
la pistola con la quale
farò secca Maria. *
Chi dovesse farlo non è certo un poeta. E neppure un potenziale assassino, forse. Solo un baggiano. O un furbetto. Evitiamo che i furbetti facciano il nido a Firenze.
*Ovviamente la poesia è di Ungaretti riveduta e corretta.
Testo originae
Balaustrata di nebbia
per appoggiare stasera
la mia malinconia