Il nuovo piano operativo del comune di Prato – circa duecentomila abitanti con oltre quarantamila cinesi e ventimila islamici, più un’altra ventina di etnie diverse, ha molto di vecchio. Insomma di cose già sentite e discusse e in parte criticate nel bene e nel male. Due gli aspetti che saltano all’occhio: una totale incuria per la parte della città in zona stazione-lungobisenzio, dove il pacciume dei magazzini al Ponte Petrino e quello dello scalo merci, passano inosservati. Assoluta dimenticanza della zona etrusca della quale sembra ci si vergogni, come d’altronde in città ci si vergogna sempre di quello che è cultura. E si vede bene: Per il domani non Ci sono idee. Neppure elementari, come cercare di unire la città alla zona ex Alcali che si perde fra laghetti-pozzanghere e
Pericoloso isolamento.
Ma torniamo in strada: dimenticata del tutto una risistemazione della seconda parte di viale Montegrappa, ormai strascurato parcheggio di auto su tre file, e del tutto ignorata la parte lungo Bisenzio di Viale Marconi: l’unica cosa interessante del tratto zingari-nomadi ormai residenti e dello sciagurato spazio fiera raccoglitore di tutto, non è stato previsto niente. Eppure è uno degli ingessi di questa città che resta ostinatamente paese, nelle idee, nei programmi, nelle realizzazioni e aspirazioni. Peccato.
Ignorata totalmente piazza Mercatale, possente presenza medioevale che ambirebbe ad essere il cuore della movida cittadina, ma alla quale non si è posto mente in questo piano operativo. Nemmeno si è pensato a una targa commemorativa per ricordare che al Canto alle Tre Gore è nato l’uomo che ha tramandato al mondo il segreto della ‘Commedia dell’arte’: Evaristo Gherardi, che agli albori del Seicento ebbe come padrino un Inghirami e neonato fu ospitato nella sua casa in via Dell’Accademia. Chi è Gherardi? Uno dei più importanti interpreti di Arlecchino sul palcoscenico del Palais de Bourgogne, a Parigi. Puttanate per la nostra amministrazione, chiusa a riccio nella sua vacua renzianità. Insomma se Matteo non lo dice la cosa non esiste. Fra le cose ignorate, la Banci, meravigliosa struttura che se non ci mettiamo mano diventa un rudere: una serie di strutture in vetro e cemento alla Wright, che avrebbero veramente potuto essere un centro d’arte e di conferenze, un museo o qualsivoglia cosa atta a portare una ventata di rinnovamento città
E veniamo alle novità, se tali si possono definire: al posto del vecchio ospedale – mai tanto rimpianto da quando è arrivato il nuovo sottostimato come posti letto e strutture – sorgerà l’ormai noto parco cittadino tanto verde, tanto cemento, tanti sogni, tanto spazio raccoglitore di degrado e malavita (ricordo che si volevano buttare giù i quattro alberi di Piazza Mercatale perché attrattori di drogati e prostitute). Accanto al verde, una parte sarà destinata ad abitazioni civili e botteghe, e tutto attorno al prato, vasta, sorgeranno negozi, (quali non si sa visto che in città non ne esistono quasi più) ristoranti e così via.
Bello? Forse sì, chi sa? Ma vista l’attività dei nostri vigili urbani, chi controllerà, stabilito ormai da tempo che non escono dalla cinta murata, se escono?
Al Soccorso alea acta est, il dado è tratto. Si passa sottoterra, un lungo sottopassaggio destinato alle auto, e sopra un lungo giardino parco-cemento – almeno così pare – che sconsiglio fin da ora di traversare di notte. Sottoterra si dovrà fare un lavoro immenso se non si vuole che l’acqua, che lì è di casa quasi in superfice, non inondi il tunnel. Ci auguriamo che le nuove ingegnerie ci diano una mano.
Poi? Poi… sì Piazza Landini, ma già c’è, come già c’è piazza Iolo. Il resto è nei sogni degli amministratori del futuro, che ci auguriamo, vorranno avere più idee, più orgoglio e più dedizione degli attuali. Pensare meno alla politica e più all’amministrazione. Aprendo anche alle idee della gente. Per ora va detto che si è persa l’ennesima occasione. Incapacità o noncuranza?
Dimenticavo: ci saranno ritocchi al Macrolotto Zero.
Tra le dee che non ci sono e che non si vogliono affrontare restano le mancate strutture per l’emigrazione. Accogliere non vuol dire lasciare che gi accolti dormano sotto i ponti, o rubino per spravvivvere. Troviamo loro strutture d’accoglienza vera, e un lavoro: sulle le strade, nei giardini, nei parchi o là dove è possibile, fra i troppi lavori che noi ‘signori’ non vogliamo più fare.