di Umberto Cecchi
Dice il prefetto di Firenze che non devono esistere, nella città, sorveglianti privati, che facciano rispettare le regole del vivere in sicurezza. Ha ragione. E’ inammissibile che la cittadinanza debba difendersi da sola. Debba salvare il salvabile di quel poco che resta della nostra quiete e civiltà quotidiana. Ha senza dubbio ragione, ma allora il suo ragionamento di rappresentante del governo – prima o poi ci sarà, bene o male, anche un governo al quale rispondere – deve far quadrare le regole.
Insomma, tolte le guardie private si mettano al loro posto le guardie pubbliche a rassicurare la città, a permettere una vivibilità civile, a controllare che le strade non diventino discariche indecenti e le porte delle case punti di bivacco per traversare i quali gli abitanti non siano costretti a intraprendere una trattativa a volte snervate. Spesso pericolosa perché al limite della sopportabilità del sistema nervoso, del tramonto delle buone maniere e di quelle regole che abbiamo lasciato tutti quanti si sfacessero in un assurdo sonno della ragione.
Se diciamo che c’è timore – forse paura – quella paura liquida che Bauman ci ha ben descritto – una parte di noi grida allo scandalo: accusa media di ogni genere di istillare timori infondati. E le forze dell’ordine sono fra le prime a schierarsi contro la tesi della paura. Senza porsi un quesito: cosa sia questa paura. Se sia l’insopportabilità dell’alieno che ci arriva dritto da una cultura diversa, ma che assume immediatamente – facendo lo stesso ragionamento dei residenti – un suo senso di disagio, che lo spinge a una sorta di difesa vestita di arroganza. E’ come un dialogo sordo, duro. Come un marcare l territorio, da una parte e dall’altra.
Niente fila nei supermercati, perché mai farla? Chi più sgomita più si sbriga, non rispetto per la proprietà – perché lui deve avere e io no – incomprensione e incapacità di integrarsi, parola usurata ma affatto attuata nella realtà. Spesso ambedue le parti rifuggono, a causa di una ‘alienazione da immigrato’ e ‘insofferenza da residente’, sofferte, che ho visto in tutto il mondo, da una vera integrazione che più passa il tempo meno è attuabile. Il piccolo furto e lo scippo sono fatto quotidiano, l’occupazione di stabili anche, e la risposta è malessere, sfiducia verso chi arrivi da fuori. Bianco nero o giallo che sia. E così la città ha padroni liquidi ma prepotenti da una parte, e insofferenti e timorosi dall’altra.
E quando non si sa più che fare si ricorre al solito slogan logoro del razzismo. Anche quando il razzismo non ha cittadinanza né è espresso in alcun modo come a Firenze: l’uomo bianco che ha sparato a un uomo di colore, non lo ha fatto chiaramente per razzismo, ma per squilibrio mentale comprovato, eppure c’è chi ha sputato sul sindaco, Gli amministratori, responsabili della quiete pubblica, hanno lasciato correre e hanno permesso che si inscenasse la protesta antirazzista. Una scelta anche questa che ha mandato in giro un messaggio inquietante. Una sorta di timore dello stato a difendere i suoi diritti.
Eppure in realtà il razzismo esiste. Cattivo, profondo, assurdo. Lo abbiamo sotto gli occhi e lo accettiamo, ci va bene: accogliamo infatti migliaia di persone e ci sentiamo buoni e altruisti, a patto però di non entrare in contatto. E a patto che queste creature – parte buone, parte come accade in ogni etnia, meno buone – vengano sfruttate in lavori sottopagati. Accettiamo che non lavorino, che dormano dove capita. Che mangino solo se rubano, accattano o minaccino. Questo è il razzismo vero: mi ricorda i miei giorni nel Sud Africa pre Nelson Mandela: E’ il razzismo che lo stesso Mandela mi diceva di aborrire. Lasciar morire d’inedia e di scoramento gente che dovremmo far sopravvivere, visto che le ospitiamo nel nostro Paese. Far vivere, lavorare, rispettare le leggi e costringere gli stessi nativi a rispettarle, cosa che non usa più. Tutto è illegale attorno a noi, la sporcizia lasciata dai nostri e dagli altri, l’abuso del ‘me ne frego’ – che è davvero fascismo – l’incomprensione e l’egoismo che portano davvero al discrimine. Quello vero: non quello giocato dai politici o dai populisti quando fa loro comodo.
Detto questo le nostre città, e Firenze più di altre per mille motivi, hanno diritto ad essere tutelate da chi è preposto a farlo. Evitare velleità di autoprotezione. Ma riflettiamo: questa autoprotezione scatta al momento in cui mancano i veri protettori del diritto e della legge. Quindi il prefetto ha il dovere di cacciare le guardie private ma ha anche il dovere di far intervenire in modo acconcio (vocabolo desueto, ma burocratico) le forze dell’ordine. Senza dover ricorrere – come accade ogni giorno in tante città – alle geremiadi del ‘mancano uomini, mancano auto, manca benzina’…Proporrei da ora in poi, di far mancare il pagamento delle tasse denunciando le medesimo come appropriazione indebita di danaro che non ci viene restituito in servizi. Tanto danaro. Troppo.
A Prato la prima città industriale del centro Italia duecento etnie diverse, cinquantamila cinesi e ventimila pakistani, si raffrontano: ci sono scontri etnici neppure tanto nascosti e non certo fra pratesi e immigrati, ma fra immigrati e immigrati. E c’è una forte quantità di persone che dormono all’addiaccio, e mangiano per caso. Centinaia che ogni giorno bivaccano nelle strade riducendole a slum: tutti i cinesi lavorano, molti pakistani sono nel tessile, gli altri perlopiù bivaccano davanti ai bar, occupano i portoni delle case, e spesso la sera li varcano per svaligiare gli appartamenti. Spaccio, furto, scippo, accoltellamenti, soprusi e minacce sono all’odine del giorno. Mi chiedo, il gentile prefetto della città, lo sa? Glielo dicono? In cinqunt’anni di giornalismo svolto in tutto il mondo, non ho mai visto una disattenzione così preoccupante. E una distrazione così istituzionalizzata, da parte di amministratori, legislatori, forza pubblica e affini. Nel passato ho portato io due ministri degli esteri a visitare na cittò della quale nessuno gli aveva mai illustrato la situazione.
Ci sono due bar in Viale Veneto che compongono punti di ritrovo dove si alleva insicurezza, spaccio, inquietudine pericolosa. Si fanno irruzioni nei capannoni dei cinesi, mai nel bar di questo genere. Perché? Le spiegazioni non servono, servono le azioni. Serve capire perché ridurre a ghetto uno dei punti di arrivo della città.
Buona Pasqua a tutti, cristiani, scintoisti, buddisti, taoisti, sunniti, sciiti ma non ai wahabiti, che a Firenze e Prato ci sono e seminano un odio che si fa sempre più pericolso.